Fernanda Contri: «Fui la prima donna alla Consulta: mi accolsero con le rose ma erano sospettosi»

Fernanda Contri: «Fui la prima donna alla Consulta: mi accolsero con le rose ma erano sospettosi»
Fernanda Contri: «Fui la prima donna alla Consulta: mi accolsero con le rose ma erano sospettosi»
di Maria Lombardi
Giovedì 12 Dicembre 2019, 10:55
3 Minuti di Lettura

«Il giorno che arrivai al Palazzo della Consulta, il presidente Renato Granata mi accolse con un mazzo di rose così grande che non entrava in una stanza. Lo ringraziai. E lui: da domani ti tratto male come tutti gli altri». Era il novembre del 1996, Fernanda Contri prima donna alla Corte Costituzionale. «Prima e sola per tutti i 9 anni che ci rimasi».
Ci sono voluti altri 23 anni perché una donna fosse scelta come presidente della Corte Costituzionale.
«Sono molto, molto contenta per Marta Cartabia. Perché è una donna e perché è responsabile, preparata, di una straordinaria sapienza e forza. Qualcuno mi fa notare: ma siete ancora troppo poche. Da domani torneremo a muguliare, come si dice a Genova, borbotteremo. Ma oggi festeggiamo».
La sua nomina suscitò qualche polemica. Come andò?
«Mentre ero a Milano all'inaugurazione di una mostra, è arrivata una telefonata dal Quirinale. Il presidente Scalfaro mi convocò a Roma. Quando ci incontrammo, mi chiese: vuoi andare alla Corte? Io sorpresa gli risposi: a fare cosa? Accettai e poi venne fuori un litigio politico relativo all'iscrizione all'albo dei procuratori».
Gli altri giudici come l'accolsero? Incontrò qualche ostacolo?
«I colleghi erano un poco sospettosi all'inizio. Una volta a una riunione ci siamo seduti intorno a un tavolo e un collega scherzò: adesso che siamo tra uomini possiamo cominciare. Ma è stata un'esperienza straordinaria, mi sono potuta dedicare allo studio del diritto costituzionale che amavo tanto. Ho incontrato grandi maestri a cui devo molto. Gli uscieri mi chiamavano eccellenza, e io non mi voltavo. Non so se merito questo titolo, dicevo. Preferivo essere chiamata signora, o signora giudice».
Il 14 febbraio 2005 è stata la prima donna a presiedere un'udienza pubblica della Corte. Come ricorda quei momenti?
«Quella fu una data storica. Ricordo che entrai in aula tremando. Ma sono tanti gli incarichi in cui sono stata la prima donna».
Quali sono stati?
«Nel 1986 il Parlamento mi elesse al Csm, prima ad accedervi dell'avvocatura al femminile. È stata un'esperienza dura, il mio consiglio superiore della magistratura aveva maltrattato sia Falcone che Borsellino. Nel 1992 sono stata la prima donna segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri nel governo Amato. È stato l'incarico più divertente. Non mi sentito abbastanza preparata. Lo feci notare e mi risposero: tu buttati».
Dalle prime donne in magistratura, nel 1962, alla nomima del primo presidente della Consulta donna. È stato finalmente sfondato il soffitto di cristallo?
«Ancora no, manca una donna presidente del Consiglio e una presidente della Repubblica. Solo allora potremmo dire di aver raggiunto quel traguardo».
E siamo vicini?
«Vista l'aria che tira direi di no. Anche se con la nomina di Elisabetta Casellati alla presidenza del Senato si è compiuto un passo in avanti molto importante. E un altro ancora con la scelta di Marta Cartabia e anche con quella di Gabriella Palmieri, prima donna a capo dell'Avvocatura generale dello Stato. L'avevo scelta come assistente e sono molto felice del suo incarico. Come mi disse un'amica francese: ricordati di rimandare sempre indietro l'ascensore a una donna. Io l'ho sempre fatto».
Quali sono gli ostacoli che le donne ancora incontrano nella conquista del potere?
«Gli ostacoli sono sempre gli uomini che ci vedono come concorrenti nei posti ai quali aspirano. Eppure le donne sono preziose nei luoghi di comando, sono più capaci di trovare soluzione mediate e di calibrare le distanze».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA