Marco Alverà, ad di Snam: «Il telelavoro in futuro potrà favorire la parità»

Marco Alverà, ad di Snam: «Il telelavoro in futuro potrà favorire la parità»
di Maria Latella
Sabato 9 Maggio 2020, 09:24 - Ultimo agg. 17:53
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In queste settimane di lavoro da casa, sulla scrivania di Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, si sono accumulati tre computer e una dozzina di libri. Ben quattro, tra questi, sono dedicati al rapporto tra genitori e figli. Uno sarebbe da consigliare a tutti Come parlare ai ragazzi così che loro ascoltino. E come ascoltarli per fare in modo che parlino di Adele Faber e Elaine Mazlish. Un altro ci porta dritti al tema di questa intervista, Strong fathers, strong daughters, autrice Meg Meeks.
Mind the Gap compie un anno e ci interessa il punto di vista dell'amministratore delegato di Snam, una delle poche aziende italiane entrate nel Gender Equality Index di Bloomberg. In un settore molto maschile come l'energia, avete quattro donne in posti chiave del management. Quanto l'ha influenzata il fatto di aver avuto una nonna femminista e due figlie di dieci e nove anni?
«In Snam sono donne la CFO, la capa delle risorse umane, la capa delle relazioni istituzionali e comunicazione e la capa della strategy. Ma è stata una scelta maturata solo sulla base del merito. Partivamo nel top management da un rapporto 90 uomini/10 donne e c'è stato un riequilibrio sostanziale ma non perché ci siamo detti Devono esserci più donne. È avvenuto in modo naturale: le persone che volevo avere con me erano donne. Fatti i colloqui, le migliori erano loro».
E la nonna Kenta?
«Mia nonna, e mio nonno, hanno vissuto in Sudafrica per molti anni, lei si impegnò là contro l'apartheid. Tornata a Venezia, si appassionò alla parità tra uomo e donna, divenne pure presidente delle Soroptimist, negli anni 70 una delle prime istituzioni a dare spazio alle tematiche femminili. Mia nonna si chiamava Angelica, soprannominata Kenta, e ha avuto qualche influenza. Ma molto ha contribuito anche l'essere nato a New York, dove la parità di genere è diventata tema di discussione prima che da noi, e anche aver avuto capi e mentori donne a Goldman Sachs».
A proposito di formazione, in azienda avete Snam Institute, una sorta di università interna che punta anche a far crescere il talento delle donne che lavorano con voi...
«Uno dei limiti di molte aziende è non prestare la necessaria attenzione a come gestire i collaboratori. La nostra università interna punta a valorizzare le capacità manageriali. Per fare esempio: impedire che una brava collega si licenzi per l'incompatibilità tra lavoro e famiglia. Un buon manager punta ad avere collaboratori felici e motivati».
Inevitabile che il modo di lavorare cambi dopo il Coronavirus. Ma quanto cambierà?
«Tantissimo. Ci sarà un'accelerazione di 5/10 anni. Oggi sulla mia scrivania ho un iPad e due computer. Facciamo riunioni multiple e su più temi. Non era così prima. Certo, resteranno mansioni per cui sarà ancora necessario essere fisicamente in ufficio. Ma in altri casi no. Penso a una collega che per noi fa l'analista. Prima si svegliava alle sei e mezza, preparava i figli, li lasciava a scuola, passava un'ora in auto. Poi, arrivata in ufficio, leggeva ore e ore di dati necessari alla sua analisi. La stessa cosa potrà farla da casa, con risparmio di tempo e un'efficienza migliorata».
Vero. Ma c'è il timore che lo Smart working si concentri tutto sulle donne, in parte costringendole di nuovo tra le mura di casa. Come valuta il dato emerso dalla riapertura delle aziende? Sono uomini il 72 per cento dei dipendenti tornati al lavoro.
«Troppo presto per fare una valutazione. Hanno riaperto molti cantieri, è stato così anche per noi in Snam, e nei cantieri c'è una prevalenza di uomini mentre nelle funzioni di staff lavorano più donne. Da remoto. Ecco, dopo il Covid 19 ci sarà molto più lavoro da casa ma questo non peggiorerà la parità di genere. La favorirà. Comunque, se guardiamo al futuro del lavoro, un altro aspetto mi preoccupa. Il 70 per cento di tutti i mestieri che si faranno richiederanno competenze scientifiche. Quelle che vanno sotto l'acronimo Stem, dalle scienze alla matematica. Ecco, mi preoccupa molto che solo il 5 per cento delle quindicenni italiane voglia studiare materie scientifiche».
Un'azienda come Snam può cercare di fare breccia in questa diffidenza
«Un po' di cose le facciamo. Le nostre tecniche e le nostre ingegnere sono spesso invitate nelle scuole per raccontare quanto è entusiasmante lavorare con l'energia. Stiamo studiando una borsa di studio in collaborazione col Politecnico di Milano, abbiamo proposto una defiscalizzazione del 50 per cento sulle assunzioni di donne di qualsiasi età con una formazione Stem, e riduzione delle tasse universitarie per le ragazze iscritte a facoltà scientifiche. Poi stiamo pensando a dei bonus cui provvederebbe direttamente Snam».
Essere padre al tempo del Coronavirus ha avuto i suoi momenti duri ma anche il lato bello del trascorrere più tempo con i figli.
«Lipsi ha 10 anni e Greta ne compie nove a ottobre. Credo molto in quello che ho ricevuto e non le obbligherei mai a seguire un percorso prestabilito da me. Mio fratello ha fatto il banchiere d'affari per dodici anni e oggi fa il fotografo e il musicista, scelta condivisa da tutta la famiglia. Mi è sempre piaciuto un pensiero di Picasso: il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo. Aiuto Lipsi e Greta ad osservarsi, a capire cosa le appassiona».
Cosa ha fatto con loro in queste settimane?
«Ho scritto un libro per bambini. Una storia un po' misteriosa ambientata a Venezia, alla ricerca dell'idrogeno. L'ho letto a tutte e due, e la grande, che non eccede mai nei complimenti, mi ha detto che è il libro più bello che ha letto. Naturalmente mi sono commosso».
Che cosa rimarrà di questi mesi in cui si mescolano belle emozioni e paura del futuro?
«La disoccupazione ci sarà ma arriveranno anche molte risorse per la ripartenza.

Se le spenderemo a pioggia, nella logica degli anni 90, ci resterà solo debito. Se invece recupereremo la visione degli anni 50 e 60, se come allora investiremo nelle infrastrutture del futuro, sarà la svolta. Può andare in un senso o nell'altro, ma davvero può essere la Grande Occasione».

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