Miss iraniana bloccata da 12 giorni in aeroporto a Manila: «Se torno nel mio paese mi uccidono»

La miss iraniana Bahareh Zare Bahari
La miss iraniana Bahareh Zare Bahari
Martedì 29 Ottobre 2019, 12:41 - Ultimo agg. 30 Ottobre, 14:59
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Una miss iraniana, Bahareh Zare Bahari, non vuole tornare nel suo paese e da due settimane è bloccata nell'aeroporto internazionale di Manila. Se la faranno rimpatriare, sostiene, rischia di essere uccisa: la reginetta di bellezza chiede asilo nelle Filippine - riporta la Cnn - ed è convinta che a Teheran vogliono eliminarla per le sue critiche contro il governo.

Bahari vive nelle Filippine dal 2014, quando è giunta nel paese per studiare odontoiatria, ma è stata fermata dalle autorità 12 giorni fa di ritorno da un viaggio in Medio Oriente: su di lei, ha reso noto in un comunicato il Dipartimento dell'immigrazione filippino, pende un avviso di ricerca rosso dell'Interpol emesso - secondo la donna - in seguito ad una richiesta fatta dall'Iran nel 2018. La donna, che ha partecipato al recente concorso di bellezza Miss Intercontinental tenuto a Manila, è convinta che se sarà riportata in Iran rischia la vita a causa del suo sostegno a Reza Pahlavi, il figlio maggiore in esilio dell'ultimo scià Mohammad Reza Pahlavi e della sua terza moglie Farah Diba.

In particolare, Bahari ha raccontato di avere esposto un'immagine di Pahlavi, insieme ad una bandiera dell'ex monarchia iraniana, durante il concorso affermando di «cercare di essere la voce della mia gente». La donna, raggiunta al telefono dalla Cnn, si trova in una stanza del Terminal 3 dell'aeroporto internazionale Ninoy Aquino di Manila. Racconta che lo scorso 17 ottobre le è stato negato l'ingresso nel paese al suo ritorno da Dubai ed è stato allora che ha chiesto formalmente asilo. Le autorità filippine, prosegue la Cnn, l'accusano anche di aggressione e percosse nella città di Dagupan (nord), accuse che Bahari nega fermamente definendole «una grande bugia» inventata per costringerla a tornare in Iran. Interpellata dalla Cnn, l'Interpol non ha voluto commentare il caso.

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