Manifestazione femminile contro la statua di Montanelli, cultura violenza inizia con autoassoluzione

Manifestazione femminile contro la statua di Montanelli, cultura violenza inizia con autoassoluzione
di Franca Giansoldati
Lunedì 15 Giugno 2020, 10:15 - Ultimo agg. 12:28
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Pedofilo e stupratore. Non è la prima volta che la statua di Indro Montanelli viene imbrattata: era accaduto platealmente anche l'anno scorso quando un gruppo di attiviste di #Nonunadimeno – associazione che si batte contro la cultura della violenza maschile e le discriminazioni – aveva gettato secchiate di vernice rosa shocking sulla scultura del giornalista spiegando che si trattava di un gesto provocatorio per fare capire che la cultura maschilista di sottofondo – allora come oggi – tende a derubricare episodi orribili come l'aver comprato e stuprato a 12 anni una bambina etiope per farne la 'moglie', in modo quasi auto-assolutorio, senza tentare di allargare lo spettro della discussione e ammettere che una certa formazione ancora oggi persiste nella società italiana. La memoria ha radici ben precise. 

«Il mito degli Italiani brava gente aleggia ancora come uno spettro su una nazione che si auto-assolve sempre dai crimini che commette». Naturalmente le attiviste non chiedevano (e non chiedono) l'abbattimento della statua, bensì una presa di coscienza collettiva capace di condannare le radici di un modo di pensare che, in modo carsico, perdura senza che vi sia alcuna voglia di riflettere sulla storia complessa e sbagliata di quel passaggio esistenziale di Montanelli, al quale nessuno di certo vuole togliere il merito di essere stato un grande giornalista. 

E' anche per questo che le attiviste di #Nonunadimeno domani organizzano davanti a Palazzo Marino, un presidio, per dire che lo stupro e la pedofilia sono errori. Ieri come oggi. E che serve una presa di coscienza. «Vogliamo innanzitutto rispondere al sindaco Sala in quanto rappresentante di un gruppo di potere che finora si è auto-assolto alimentando una cutlura della violenza strutturale e negando qualsiasi discussione sul colonialismo e il razzismo».

La figura di Montanelli l'anno scorso era persino stata esaltata dall'Osservatore Romano che, in quel modo, aveva voluto ripulirla (metaforicamente) dalla vernice rosa delle attiviste che volevano contrastare la cultura della violenza maschile con un atto provocatorio. Il giornale del Papa aveva dedicato al giornalista scomparso nel 2001 un articolo agiografico in cui venivano descritti i suoi rapporti con i santi, in particolare San Giovanni XXIII, il beato Marella e il cardinale Schuster. Scriveva l’Osservatore: «Davvero di testimoni così non ne avranno visti molti alle Cause dei santi». 

L'articolo aveva sollevato più di una perplessità visto che non erano passati nemmeno tre mesi dalle proteste del movimento femminile #Nonunadimeno. 

Il giovane Indro durante il suo soggiorno africano come volontario nella guerra che Mussolini iniziò in Eritrea, comprò una ragazzina di soli 12 anni per farne una specie di schiava. La acquistò per 500 lire. Si chiamava Destà e non era una vera consorte perché il contratto di madamato prevedeva una scadenza. Montanelli la descriveva come un «animaletto docile». Un rapporto imposto e non di certo paritario. La piccola Destà, poco più che una bambina aveva la funzione di serva, cameriera e schiava sessuale.

Non è la prima volta che la statua dedicata a Montanelli è stata presa di mira dalle femministe. I difensori di Montenelli hanno più volte ribadito in passato che con Destà non ci sarebbe stata alcuna violenza anche perchè la piccola era considerata dalla sua gente matura per il matrimonio. Inoltre, le “nozze” furono caldeggiate dal capo etiope come mezzo per dare autorità al comandante sulle milizie locali, che quelle “unioni” consideravano del tutto normali.
 

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