Prof uccisa dal compagno, la madre scrive ai giudici: «Lui ha mentito a mia figlia, potrebbe ancora far del male»

Prof uccisa dal compagno, la madre scrive ai giudici: «La mia pena è senza fine, chiedo giustizia»
Prof uccisa dal compagno, la madre scrive ai giudici: «La mia pena è senza fine, chiedo giustizia»
di Maria Lombardi
Mercoledì 27 Novembre 2019, 18:55 - Ultimo agg. 1 Marzo, 12:20
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«Signori Giurati, dalla notte in cui Michela mi è stata così barbaramente strappata, la mia esistenza è segnata da una sofferenza profonda, indicibile…». La lettera di una madre ai giudici. «Chiedo giustizia! Per lei, che ha perso la vita e per noi (genitori, figlie e fratello) che abbiamo perso lei…il suo amore, la sua intelligenza, il suo altruismo, il suo sorriso dolcissimo. E per tutti coloro che, avendola conosciuta, l’hanno amata e stimata»Angela scrive a chi domani dovrà decidere il destino dell'uomo che ha ucciso la figlia: Michela Di Pompeo, 47 anni, la prof della Deutsche Schule assassinata il primo maggio del 2017 dal compagno Francesco Carrieri nella loro casa in via del Babuino. Il dirigente di banca è stato condannato con rito abbreviato a 30 anni per omicidio volontario aggravato. Oggi è prevista la sentenza della prima Corte d'Assise d'Appello di Roma. L'ultima perizia - la terza -  degli psichiatri chiamati dalla Corte (Gabriele Sani e Massimo Di Genio) ha concluso che l'uomo quando uccise la docente era in condizioni tali che la sua capacità di intendere e volere era ridotta. Gli specialisti hanno escluso «la pericolosità sociale, a condizione che non interrompa le cure». Il dirigente potrebbe avere la pena ridotta o essere assolto per la seminfermità mentale. Quello che temono i parenti, gli amici e le amiche di Michela che domani protesteranno in tribunale.  

Le due precedenti perizie svolte nel corso delle indagini e dell'udienza preliminare avevano dato risultati opposti: per due psichiatri Carrieri era parzialmente infermo di mente, mentre per il perito nominato dal gup era totalmente capace. 

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Angela, la mamma di Michela, non ci sta a vedere ridotta la pena. Ricorda ai giudici che Carrieri quelle cure l'ha interrotte più volte e ha nascosto alla figlia le sue condizioni. E li implora di far sì che non provochi altro dolore. «Mi rivolgo a Voi - scrive la mamma - non mossa da desideri di vendetta, non mi appartengono, non trovano spazio in me come non lo trovavano nell’animo di mia figlia.  Ora leggo che la patologia psichiatrica dell’imputato, adeguatamente curata in carcere, esclude la pericolosità sociale a condizione che la terapia non venga mai interrotta. Ma chi lo può obbligare ad assumerla? E non l’ha forse arbitrariamente sospesa più di una volta con il risultato di diventare un assassino? Signori Giurati, mi permetto di chiedervi: conoscendo ora i trascorsi psichiatrici accuratamente e colpevolmente taciuti nei confronti di mia figlia, sia dall’imputato che dai suoi familiari, gli affidereste una persona cara senza garanzie di un controllo continuo da parte di sanitari competenti? A Voi, ringraziando per l’ascolto cortese, auguro una vita buona; la mia avrà una pena senza fine. Vi prego, fate in modo che non possa causare altro dolore. Angela, mamma di Michela».

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