Sara Cardin: «Con il karate ho sconfitto la bulimia e conquistato il mondo»

Sara Cardin: «Con il karate ho sconfitto la bulimia e conquistato il mondo»
Sara Cardin: «Con il karate ho sconfitto la bulimia e conquistato il mondo»
di Maria Lombardi
Giovedì 14 Novembre 2019, 01:49 - Ultimo agg. 09:53
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«Campione del mondo». Da bambina Sara Cardin giocava con le frecce, le fionde e saliva sugli alberi. Dov'è Sara? Sull'albero. Dai scendi, l'implorava la mamma. E quando la sentiva urlare campione del mondo mentre correva intorno al tavolo della cucina agitando una spada di legno, sorrideva: ce ne vuole per diventare campione del mondo, ce ne vuole. Voleva che la figlia facesse danza o ginnastica artistica, «ma io ero maschiaccio, una piccola guerriera». Sara guardava in tv la serie di Karate Kit con nonno Danilo, lo sportivo della famiglia. Ed è stato proprio lui a proporle le lezioni di karate. E così a sette anni, la campionessa del mondo 2014 è salita per la prima volta sul tatami. Da allora,  20 titoli italiani, 7 Assoluti, svariate medaglie d’oro ai Campionati Europei e alle Premier League, un argento e un oro ai campionati del mondo. «Ogni ostacolo è fatto solo per essere superato, però bisogna osare e avere coraggio», ricorda nel libro "Combatti! Ho scelto di vincere" (Baldini+Castoldi) da qualche settimana in libreria. E non ci sono solo podi e medaglie in questo racconto della sua vita scritto con la giornalista Tiziana Pikler. «La bellezza della vita è anche questa: cadere e sapersi rialzare, non una ma infinite volte». E Sara, la campionessa di Conegliano (32 anni, caporal maggiore dell'esercito, sposata dal 2014 con il suo allenatore Paolo Moretto) è precipitata nel vuoto dell'anoressia e della bulimia, ed è risalita su grazie al karate. Si è piegata sul ginocchio di colpo fragile ed è stata costretta a stare lontano dalle gare. Poi ha deciso di dare un filo ai suoi pensieri e alle emozioni.



Trionfi e cadute: quando ha sentito il bisogno di confessarli in un libro?

«Mi è sempre piaciuto scrivere, da piccola tenevo i diari. Quando lo scorso novembre mi sono rotta il ginocchio e mi sono dovuta fermare, mi è venuta l'idea di mettere insieme tutti i pensieri che avevo appuntato. Ho trovato una persona di cui fidarmi, Tiziana Pikler, e con lei mi sono messa a nudo. Quando le donne fanno squadra sono invincibili. É stata un'avventura che mi ha permesso di entrare in contatto con me stessa. Alla fine è stata una liberazione, un percorso terapeutico per me ma anche una storia in cui gli adulti si possono rispecchiare».
Che bambina era Sara Cardin?
«Una bambina viziatissima. Figlia unica e anche nipote unica, da parte di mia madre. Sin da piccola ambiziosa, agonista. Passavo molto tempo con nonno Danilo, lo sportivo di famiglia, si svegliava la notte per seguire gli italiani impegnati in qualche gara. A sette anni ho scoperto il karate e a 14 ho vinto il campionato italiano. Ricordo l'inno italiano, io sul podio. Sono una piccola campionessa, ho pensato».
Poi i disturbi dell'alimentazione, di cui parla nel libro.
«Ho sofferto di anoressia e di bulimia durante l'adolescenza. Volevo farmi del male, non mi riconoscevo in un corpo muscoloso. Un allenatore mi ripeteva che non ero molto alta e quindi avrei dovuto gareggiare nella categoria 50 chili, mentre io avevo già vinto nei 55. Sentivo la pressione e così ho cominciato a non mangiare, e poi ho cominciato a mangiare e vomitare. Prima mi sentivo in colpa per aver mangiato, poi mi sentivo in colpa per aver vomitato. Arrivavo a farlo 15 volte al giorno, come ho scritto nel libro. Mia madre era disperata, ha minacciato di farmi ricoverare».
Come è riuscita a uscirne?
«Con il karate e con la terapia. Ho imparato che si vince quando si sta bene con se stessi. Questo è l'allenamento migliore. Il karate insegna il rispetto per gli altri e per se stessi, l'autocontrollo, la disciplina e l'equilibrio. Mi è stato di grande aiuto».
Cosa direbbe alle giovani atlete che si trovano a dover affrontare stress simili a quelli che ha vissuto lei?
«Di non farsi condizionare dalle parole di un allenatore o della famiglia. E se devono calare di peso di affidarsi a professionisti».
Dopo tante vittorie, un'altra caduta: l'incidente al ginocchio.
«Una batosta dura. Mi sono detta: è solo un ginocchio. Ci vuole tenacia ma si vince anche questa sfida. E dopo 5 mesi ero di nuovo in gara».
Il prossimo traguardo sono le Olimpiadi del 2020. Come si sta preparando?
«Mi alleno sempre, mattina e pomeriggio. A fine maggio si saprà se andrò a Tokyo. Negli anni ho imparato a gestire la mia emotività, prima non dormivo per 4, 5 notti alla vigilia delle gare. Adesso penso alla gara un momento prima di salire sul tatami. E poi accanto ho sempre Paolo Moretto, il mio allenatore che dal 2014 è anche mio marito. Mi sono sempre fidata di lui e poi me ne sono anche innamorata. Lui all'inizio faceva resistenza, c'è una differenza di 20 anni tra di noi. L'ho tampinato finché non ha ceduto».
Possibile che il professionismo nello sport sia ancora negato alle donne?
«Inconcepibile che ci siano queste differenze nello sport tra uomini e donne  per quel che riguarda il professionismo e le retribuzioni. Così come non mi piace che esistano sport di serie A e di serie B».

Sara Cardin sarà a Roma il 13 dicembre per presentare il libro alla scuola dello sport del Coni, con il presidente Giovanni Malagò che ha firmato la prefazione. «Combatti! Ho scelto questo titolo perché mi piaceva l'idea di un messaggio trasversale per tutti, un invito a non mollare mai».




Sara Cardin special guest alla Karate Youth League di Caorle
 


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