Francesca Ceci: «"Possiamo essere tutto" è un invito alla libertà di autodeterminazione femminile»

Francesca Ceci
Francesca Ceci
di Valentina Venturi
Martedì 1 Settembre 2020, 09:25 - Ultimo agg. 09:26
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Con la graphic novel "Possiamo essere tutto" (Tunué editore, in libreria dal 24 settembre), Francesca Ceci per i testi e Alessia Puleo per le tavole, hanno dato vita ad una storia di quotidianità al femminile, fatta di integrazione e bisogno di essere accettati dall'altro, anche quando di parla di religione o tradizioni familiari. Il libro racconta della famiglia Fares, di origine marocchina e religione islamica, che vive in Italia da tempo. È così composta: papà Salim, mamma Nur, le sorelle Raja e Amal e il fratello minore Hadi, unico ad essere nato a Roma. Raja e Amal vivono in continuo equilibrio tra due culture, l'origine marocchina e la crescita italiana, in bilico tra religione familiare e libera scelta. Francesca Ceci ne descrive la realizzazione. 

Da cosa sono scaturite le figure delle sorelle Raja e Amal?
«Per ogni personaggio e ogni singola storia ho cercato di fare un lavoro di mescolanza tra ispirazioni provenienti dalla mia esperienza diretta e in parte invece dalla fantasia e dalle letture fatte su tematiche simili».

Gli episodi al femminile sono reali?
«Molti. Per esempio la tavola in cui Raja la sorella maggiore, con i capelli corti afro viene infastidita in autobus. Qui le persone si permettono di toccarle i capelli per sentirne la consistenza o la diversità come non fosse qualcosa di molto personale ma un oggetto o una cosa. Può sembrare una sciocchezza, invece è un’invasione intima, corporea, personale».
 
Come mai questo titolo?
«Fa parte di una frase che l’altra sorella pronuncia durante un monologo teatrale, in cui recita quasi con se stessa. Ha il volto nascosto, si sentono solo le sue parole. E la frase è emblematica sia del racconto che lei fa si se stessa sia dei personaggi del libro: si collega al tema dell’identità e della libertà di autodeterminazione».

Pensa che le donne hanno una forza diversa?
«Amal nel libro parla di Marielle Franco, attivista uccisa recentemente. Le donne come lei sono simboliche rispetto a una posizione femminista della realtà. Spero che "Possiamo essere tutto" sia un momento di intrattenimento ma anche uno spunto per una riflessione più approfondita rispetto all’apparenza e al contatto con l’altro e l’altra».

Per esempio? 
«Amal, la sorella che indossa il velo, lo ha scelto personalmente e non è stata obbligata dalla famiglia di origine. È un tema che ho approfondito a lungo durante la lavorazione del libro: spesso è un luogo comune quello di abbinare il concerto di velo al tema dell'oppressione della donna. Approfondendo ho scoperto che ci sono tanti casi di donne che raccontano il contrario. Il velo è una scelta, un segnale della volontà di affermare la propria identità e di voler essere tutto, anche una ragazza che fa una scelta coraggiosa per quell’età, dove i ragazzi e la scuola non riservano tanta comprensione al primo impatto».

Cosa l'ha ispirata?
«Da un po’ di anni desideravo raccontare delle storie che facessero parte della nostra realtà, della società; storie a cui mi sentivo vicina per gusto ed esperienza. Tramite il mio primo libro "Badù. Il nemico del sole" sono entrata in contatto con Amnesty International e da quella conoscenza è nato un confronto che ha portato a questo libro, grazie anche alla casa editrice». 

Qual è stato l'apporto di Francesca Cesarotti, Direttrice Ufficio Educazione e Formazione Amnesty International Italia? 
«Oltre all’interesse in comune con i temi del libro, Amnesty ha dato anche un contributo sostanziale, non solo con il patrocinio. C’è stato un confronto iniziale a livello di idee, poi anche di contenuto e nella rilettura».

 

 

 

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