Stefania, scienziata in kimono: «Così ho guidato l'esplorazione di un asteroide»

Stefania, scienziata in kimono: «Così ho guidato l'esplorazione di un asteroide»
di Enzo Vitale
Lunedì 10 Giugno 2019, 11:29 - Ultimo agg. 11 Giugno, 17:25
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Traducendolo in italiano il nome della sonda diventa Falco pellegrino. E per raggiungere quel pezzo di montagna che si trova tra le orbite di Marte e Giove ha impiegato quasi quattro anni. Hayabusa 2, questo il nome della sonda dell'Agenzia giapponese Jaxa (Japan Aerospace Exploration Agency), è infatti partita il 3 dicembre del 2014 dal Tanegashima Space Center a Sud di Kyushu. A calcolare le traiettorie e a guidare la sonda verso il suo obiettivo è stata l'italiana Stefania Soldini.

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Dall'Italia al Paese del Sol Levante: ma come è avvenuto questo salto?
«Il Giappone è sempre in prima linea con le nuove tecnologie. In particolare nell'ambito della robotica e delle missioni di esplorazione spaziale. La mia laurea in ingegneria aerospaziale e dottorato di ricerca in astrodinamica sono stati il percorso formativo essenziale per avere l'opportunità di lavorare alla Jaxa nel team di Hayabusa2».

Come è riuscita ad entrare?
«Completati i miei studi di dottorato in Inghilterra nel 2016, vinsi un anno di borsa da ricercatrice per lavorare in Jaxa sponsorizzata dall'ente Giapponese Jsps (Japan Society for the Promotion of Science). A metà del mio percorso, mi fu chiesto di lavorare a tempo pieno su Hayabusa2 prolungando così la mia esperienza in Giappone fino ad oggi. Dal 2017, appartengo al team di ingegneria e scientifico di Hayabusa2 come project research associate nel gruppo di astrodinamica».

A che punto siamo con la missione?
«Giovedì 27 segnerà l'anniversario di arrivo della sonda su Ryugu. Ripartirà a dicembre del 2019 dopo 18 mesi di esplorazione. Il team di Hayabusa2 ha completato con successo l'atterraggio dei due rover Minerva-II (settembre 2018); l'atterraggio del lander franco-tedesco Mascot (ottobre 2018); il campionamento della superficie di Ryugu (febbraio 2019); l'operazione di formazione del cratere artificiale (aprile 2019)».

E adesso cosa accadrà?
«Gli obiettivi primari della missione sono già stati raggiunti. Le ultime operazioni previste ancora da confermare sono la seconda fase di campionamento del cratere artificiale (in questo mese ma da confermare; l'atterraggio dell'ultimo rover a bordo della sonda (agosto) e il rientro dei campioni a terra (dicembre 2020).

Quale è stato il suo compito?
«Faccio parte del team di astrodinamica e mi occupo di diverse attività ingegneristiche e scientifiche. Sono stata responsabile della fase di missione durante la congiunzione solare (allineamento Terra-Sole-Sonda) dove ho progettato la traiettoria che la sonda ha seguito con successo nel periodo tra novembre e dicembre del 2018. Mi occupo anche della gravità degli asteroidi e lo studio delle dinamiche associate al dopo impatto su piccoli corpi».

Come si trova a lavorare in Giappone in un progetto così ambizioso?
«È un esperienza straordinaria. Lavoro per una missione unica nel suo genere. Ho l'opportunità di interfacciarmi con esperti come Yoshikawa Makoto (Nature's 10 nel 2018), Yuichi Tsuda (project manager di Hayabusa2) e l'ingegnere di progetto Takanao Saiki responsabile dell'operazione di cratere artificiale. Soprattutto mi trovo a lavorare immersa in una cultura affascinante aprendomi la strada a diversi modi di lavorare».

Pensa di tornare in Italia un giorno?
«Mi piacerebbe avere l'opportunità di tornare nel mio Paese facendo tesoro di quello che ho imparato all'estero per missioni di esplorazione spaziale dove l'Italia ne sia protagonista».

È vero che nei suoi studi in Inghilterra, a Southampton, si è  specializzata su temi che riguardano le traiettorie delle vele solari, ovvero le possibili astronavi del futuro? 
«La mia tesi di dottorato era interamente dedicata allo studio delle dinamiche e controllo delle vele solari. Le vele solari sono le sonde green del futuro che utilizzano la radiazione di pressione solare come fonte propulsiva. La Jaxa è la prima agenzia al mondo ad aver testato le vele solari nello spazio con la missione Ikaros nel 2010».

Ma perché avete bombardato quel lontano asteroide?
«Il cratere artificiale è stato programmato per permettere alla sonda di effettuare il campionamento del materiale sotto la superficie dell'asteroide. Il materiale superficiale ha subito delle alterazioni dovute all'ambiente esterno mentre il materiale sotto la superficie si pensa si sia conservato inalterato. Un confronto tra il materiale campionato a febbraio del 2019 e il materiale, che molto probabilmente raccoglieremo nei prossimi mesi, potrebbe aiutare gli scienziati a capire meglio di cosa sono fatti questi piccoli corpi».

Un episodio curioso durante la missione che le è rimasto più impresso?
«È difficile ricordare un solo momento emozionante da quando faccio parte del team di Hayabusa2. La missione giapponese continua a stupirci con le innumerevoli attività svolte attorno all'asteroide. Tra tutte ricordo il giorno dell'arrivo il 27 giugno dell'anno scorso, quando ancora non sapevamo che forma avesse Ryugu. È stato come esplorare un mondo nuovo, un momento davvero emozionante».

Cosa vede nel suo futuro di scienziata, o meglio: di cosa altro si occuperà?
«Mi piacerebbe poter continuare a lavorare su missioni agli asteroidi che minacciano la Terra nel programma di protezione del nostro pianeta».
 
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