2 Giugno, Paola Del Din: «Io patriota nei giorni della Costituzione. Votai monarchia»

«Non vedevo persone affidabili poi ho apprezzato Einaudi e De Nicola. L’articolo che amo di più? Il 52, la difesa del Paese»

Paola Del Din
Paola Del Din
di Camilla De Mori
Mercoledì 24 Maggio 2023, 14:44 - Ultimo agg. 25 Maggio, 07:39
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Paola Del Din il 23 agosto compirà 100 anni. Un paio di settimane fa nella sua Udine era in prima fila sul palco all’adunata nazionale degli alpini, al fianco del premier Giorgia Meloni.

Nome di battaglia “Renata”, medaglia d’oro al valor militare, prima donna paracadutista militare italiana durante la Resistenza. Si definisce «patriota», non partigiana. Settantacinque anni fa, quando è entrata in vigore la Costituzione e l’Italia è cambiata, era una ragazza che aveva già combattuto una guerra.

Che ricordo personale ha di quel 1948?

«Lavoravo in un ufficio, insegnavo in una scuola per mutilati e invalidi di guerra e facevo supplenze al liceo classico».

Per la prima volta, come tutte le italiane, nel 1946 ebbe la possibilità di votare al referendum. Fu emozionante?

«No, non fu emozionante. Votai a Udine. Per il referendum sono state raccontate storie di ogni genere e anche molte menzogne storiche: ignoranza o malafede?».

Che ricordo ha di quel giorno?

«Lo stato di confusione generale e agitazione tra grida di: “O la Repubblica o il caos”».

C’era tensione?

«Nella mia vita avevo già fatto tante cose inusuali e non come donna, ma come persona. Ormai c’era poco che potesse turbarmi».

Che cosa votò?

«Votai per la monarchia perché non mi fidavo e non vedevo persone adatte. Ma poi ho apprezzato Einaudi e De Nicola».

Oggi voterebbe ancora così o 75 anni di Repubblica le hanno fatto cambiare idea?

«A me basta che vada bene l’Italia».

La Repubblica l’ha cambiata in meglio?

«Non direi. Abbiamo avuto sia la Repubblica che il caos».

Quali sono i difetti di questa Italia?

«Troppo lassismo e troppi pasticci, anche nella Giustizia».

Con la Costituzione e la Repubblica all’epoca lei ebbe la sensazione di una rivoluzione?

«No, la guerra era finita da troppo poco tempo per poter valutare correttamente».

Nell’Assemblea costituente entrarono solo 21 donne, nella Commissione dei 75 appena 5. Oggi il premier è per la prima volta una donna. Ma sono passati 75 anni. L’Italia è arretrata sotto questo profilo?

«Perfino adesso è difficile.

Al tempo la formazione della donna era orientata in maniera differente».

C’è qualcuna che a suo parere per statura avrebbe potuto ricoprire in passato il ruolo di premier o presidente della Repubblica?

«Rita Levi Montalcini e Liliana Segre, perché la prima era una scienziata e dunque aveva la mentalità aperta; la seconda ha sofferto e provato e perciò può valutare meglio i problemi reali della società».

Che impressione le ha fatto Giorgia Meloni?

«L’avevo già conosciuta in un’altra occasione. Mi è parsa una donna energica».

Che consiglio darebbe alla premier?

«Di essere molto ferma e controllare al massimo l’esecuzione dei progetti nel Consiglio dei ministri».

Ha conosciuto qualcuno dei Costituenti?

«Edgardo Sogno, Mario Argenton, Mario Lizzero, Giovanni Cosattini, Concetto Marchesi, Paolo Emilio Taviani e Tiziano Tessitori. Alcuni di mentalità molto aperta, altri troppo ideologici».

Lei ama andare ancora oggi nelle scuole a parlare ai ragazzi. Cosa vuole trasmettere alle nuove generazioni?

«Forza d’animo, coscienza del proprio dovere verso la Patria e la società, necessità dello studio e della preparazione generale per costruire il loro futuro».

La Costituzione andrebbe insegnata meglio nelle scuole?

«Sì, ma perfezionata in certe parti troppo generiche che si prestano a interpretazioni “opinabili”...».

Che articolo della Costituzione le piace di più?

«Il 52. La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

Lei ama definirsi patriota. Che valore ha per lei la parola Patria?

«Patria è la nostra cultura, la nostra storia, la nostra gente, la nostra lingua e il nostro Tricolore, ossia tutto quello che ci permette di stare in mezzo agli altri Stati con orgoglio e dignità. Io mi definisco “Patriota” perché ho partecipato alla Resistenza per tutti gli italiani di qualsiasi colore per il bene comune. Noi della Brigata Osoppo ci chiamavamo patrioti e nel primo ordine del giorno era stabilito espressamente che nei reparti non si doveva parlare di politica perché la lotta doveva essere per accelerare la fine della guerra e portare l’Italia alla libertà».

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