Cucina cinese made in Italy, l'imprenditrice Giada Zhang: «Il cibo come strumento di cultura»

Giada Zhang, 26 anni, amministratrice unica di Mulan Group
Giada Zhang, 26 anni, amministratrice unica di Mulan Group
di Claudia Guasco
Mercoledì 23 Giugno 2021, 10:05 - Ultimo agg. 24 Giugno, 14:53
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Nella filosofia cinese lo yin e lo yang sono due energie opposte, necessarie e che si completano a vicenda. Fuse tra loro diventano il simbolo dell’armonia, che produce equilibrio. Giada Zhang, 26 anni appena compiuti, amministratrice unica della Mulan Group, azienda che produce e distribuisce piatti pronti cinesi nello stabilimento di Cremona, è la personificazione di yin e yang. Nata in Italia da genitori cinesi, è cresciuta nella cucina del ristorante di famiglia, ha imparato ad apprezzare il bello delle due culture e ha spiccato il volo. Forbes l’ha inserita nella lista degli imprenditori under 30 più promettenti d’Europa.

Italo-cinese, giovane imprenditrice e donna. Quanti soffitti di cristallo ha dovuto infrangere per arrivare fin qui?

«Sono nata in una famiglia cinese trasferitasi in Italia, papà, mamma e tre figlie femmine. Nella cultura cinese, quando arriva un bambino, si preferisce sempre un maschio a una femmina. Quando avevo quattro anni i miei genitori mi hanno portato al cinema a vedere Mulan, che è un po’ l’equivalente asiatico di Giovanna d’Arco. Mi hanno detto: “Vogliamo che tu veda questo film perché sarai una guerriera. Non ci sono differenze tra donne e uomini e potrai combattere con loro ad armi pari”. Ho studiato, mi sono laureata alla Bocconi in International economics and management. In azienda crediamo molto nella parità di genere: ci sono più donne che uomini e la sede, guarda caso, si trova in Via delle Pari Opportunità. Ho anche fondato un’associazione per le donne che lavorano nella finanza, seleziona ragazze talentuose e promettenti per corsi di formazione e per dare a chi entra in quel mondo consapevolezza delle proprie capacità».

Quale aspetto ha fatto suo dell’Italia e quale della Cina?

«Entrambe le culture mi hanno insegnato molto. Da una vita mi sento chiedere: ti senti più italiana o più cinese? Mi sforzavo sempre di rispondere scegliendo l’una o l’altra, ma con il tempo ho capito che dovevo prendere le parti migliori e farle mie.

Dell’Italia ho imparato ad apprezzare la bellezza dell’arte, il buon cibo e anche la capacità di godersi la vita, della Cina il duro lavoro e il sacrificio. Il risultato è ciò che siamo io e la mia azienda, un mix di persone asiatiche ed europee con valori comuni».

Una coesione non facile da raggiungere.

«Da bambina mi sentivo metà e metà, a scuola mi guardavano in modo diverso. Ma crescendo ho imparato ad apprezzare le mie differenze e sono diventate punti di forza, una ricchezza. L’ambiente in cui sono cresciuta ha contato molto, lavorare nel mondo della ristorazione senza orari fissi e sacrificarsi tanto è stato l’esempio. C’è un aneddoto della mia vita illuminante: i miei genitori speravano che nascessi di lunedì, perché era il giorno di riposo del locale. Mi hanno insegnato a lavorare tanto e a puntare a una vita migliore».

È riuscita a trasformare Mulan Group in un piccolo impero del cibo asiatico.

«L’idea ci è venuta partendo proprio dal ristorante. In Italia la cucina cinese è apprezzata e ci siamo detti: perché non portarla su ampia scala? Realizziamo prodotti freschi che distribuiamo nei supermercati. Involtini primavera, spaghetti di soia, riso cantonese, tutti con prodotti al 95% italiani. Partendo dallo stabilimento di Cremona siamo arrivati a confezionare cinque, sei milioni di piatti all’anno e con il nostro piano di espansione siamo sbarcati sui mercati esteri. Celebriamo la fusione delle due cucine più apprezzate in Europa, quella italiana e quella cinese. Il cibo è lo strumento più forte di linguaggio culturale e io faccio da mediatrice».

Qual è il suo piatto preferito della cucina cinese e quello italiano?

«I ravioli cinesi e le lasagne, buone come le fanno a Bologna. Quello che accomuna molto le due tradizioni culinarie è quanto amore e tempo si mette in ogni piatto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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