Tre "ricette" della migliore chef d'Italia: orto e creatività esaltano tradizione e contaminazioni

Jessica Rosval presenta a Moltodonna tre suggestioni della sua cucina

foto STEFANO SCATA'
foto STEFANO SCATA'
di Carlo Ottaviano
Mercoledì 26 Aprile 2023, 14:52 - Ultimo agg. 28 Aprile, 08:53
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Nelle proposte del menu tradizione, contaminazioni (anche dal Giappone), richiami al territorio e alle stagioni e tante innovazioni.

In ogni preparazione  di Jessica Rosval , la migliore chef d'Italia secondo Identità Golose, c’è una storia da raccontare. Ecco tre suggestioni d'autore tra orto e creatività

IL PESTO MODENESE

Il Pesto modenese di Jessica Rosval fa pensare a un prato primaverile che si risveglia rigoglioso dopo le ultime piogge. Jessica lo usa, per esempio, per accompagnare il suo tortino di spinaci. «Nasce – racconta – dal nostro approccio costante e coerente contro tutti gli sprechi, non solo nel mondo sociale, ma a ogni livello partendo dalla cucina fine dining». Il pesto non è parola solo genovese. «E’ un concetto e una tecnica – precisa la chef – molto interessante. Non c’è solo quello col basilico. Dipende da quel che trovi. E’ quello che vuoi e puoi creare con la tua ispirazione, con la tua capacità e con la disponibilità che hai in quel momento per rappresentare un luogo». Così il Pesto modenese di Jessica è la fotografia dell’orto di Casa Luigia esattamente in un determinato momento. In questo periodo: bietole, spinaci, erbe aromatiche di stagione «Il pesto modenese classico – spiega ancora – è il lardo col Parmigiano Reggiano, più rosmarino, che si usa nelle tigelle, le crescentine, che è nel cuore del territorio. Il mio è un piccolo wink (strizzare l’occhio, ndr) a Modena. Ma è anche la dimostrazione di come uno può prendere una semplice parola e usarla per comunicare qualcosa di più grande: un orto, un territorio, un’idea, una stagione. Pesto: molto semplice, ma molto potente allo stesso tempo». Il piatto finito viene passato un attimo in forno così da sprigionare tutti gli aromi.

IL POLLO ALLA PARMIGIANA

E’ una storia divertente (e istruttiva) quella del Chicken di Jessica, che parla di italian sounding (le imitazioni del cibo italiano nel mondo) e di contaminazioni, di tradizione e allo stesso tempo di ricerca e innovazione. «Il mio pollo – racconta Rosval – è legato a una serie di pensieri che ho iniziato anni fa quando durante un congresso di Identità Golose trattai le differenze tra Parmigiano Reggiano e Parmisan.

Da un lato il vero formaggio italiano, dall’altro quello che conoscevo in Canada. Pasrlai del Chicken Parmesan canadese che del Parmigiano non ha nemmeno l’ombra. Ci sono tante teorie di come sia nato questo piatto presunto italiano. Si pensa che derivi dalle melanzane alla parmigiana degli immigrati italiani in America. Oltretutto la melanzana, se tagliata per il lungo, prende un po’ la forma della foglia di palma. Quindi, per assonanza, Palmesan. Del resto per centinaia di anni nessuno ha capito perché il nome della parmigiana, visto che le origini sono del Sud d’Italia». «Mi chiesi – continua Jessica – cosa sarebbe stato un pollo alla parmigiana». Il risultato è tutto da ammirare nel suo impiattamento: a sinistra il petto di pollo tagliato a forma di rombo, al centro la salsa al rafano, infine la coscia a destra. «Nella versione che preparo in questo periodo, uso le pere Nobili di Parma (coltivate in zona sin dal Settecento e impiegate per fare la mostarda, ndr) per farcire il pollo e creare una salsa barbecue in cui marinare lo stesso pollo e le sue interiora». Giusto per la cronaca: la prima volta le cosce di pollo vennero affumicate con il carpino, un albero autoctono dell’Emilia, e poi farcite di Prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano. La proteina del formaggio venne trattata con l’acqua e poi trasformata in una cialda croccante, a simulare la crosta del pollo.

IL COTECHINO AL PROFUMO DI IBISCUS

A Casa Maria Luigia il cotechino difficilmente manca. Sempre sorprendente come viene offerto. Per esempio, durante un brunch Tòla Dolza, assieme alle cozze e al riso. Tutti ricoperti da una pastella croccante di lenticchie nere a simulare la conchiglia e poi da intingere nella panna acida al finocchio e rosmarino. Un’altra volta assieme allo zabaione e alla torta sbrisolona. Nella foto la versione più recente. «Questo in particolare è un piatto che mi diverte fare - confessa Jessica - perchè fa parte della mia storia e di quando sono arrivata senza alcuna formazione sulla cucina italiana. Ho dovuto fare reset nel cervello. La persona più importante è stata Takahiko Kondo, sous chef alla Francescana. Guardavo quello che faceva lui e quindi imparavo contemporaneamente la cucina italiana e la sua cucina giapponese. Questo piatto è dedicato a lui». Il rosso sulla base è tipo dashi, il brodo di pesce giapponese, in questo caso fatto invece con diversi fiori essiccati e aceto di rose canine e di ibiscus. Una salsa con una bella acidità agrodolce. Il cotechino è stato prima affumicato al legno di ciliegio e dopo messo in crosta di fiore di ibiscus essiccato. Infine arrostito nel forno.

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