Mamma single a Natale, la storia di Rebecca: «Le mie feste felici da sola con i figli. E i nonni in videocall»

Rebecca Albarani con i due figli
Rebecca Albarani con i due figli
di Maria Lombardi
Mercoledì 23 Dicembre 2020, 15:11 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 05:53
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Le dicevo, quello che cerco di comunicare sui social... bello Elisa, sembra un unicorno. Mi scusi, la bambina è accanto a me. Come le stavo dicendo, per me la felicità...a more, sì, poi lo facciamo vedere a tutti questo disegno. Mi perdoni. Insomma - si affretta Rebecca - mi sforzo di far capire che si può essere felici anche con un dramma, come la malattia di Elisa. Si può sorridere anche in un Natale un po’ strano, a tavola solo io e i miei due bambini. Al nonno e alla zia faremo gli auguri in videocall. Sì, che li vediamo, tesoro, ma sul tablet. E arriva anche Babbo Natale, stai tranquilla..». E sarà un corriere, regali da scartare davanti allo schermo, grazie nonno, grazie zia, baci che volano dalla Lombardia al Piemonte («Mio padre e mia sorella sono lì»). Sotto l’albero due bici con un fiocco rosso, per Elisa sei anni e Daniele quattro. Con amore, mamma. «Così potremo fare un po’ di sport insieme. Qui a Introbio ci sono bellissimi sentieri. Mi piacerebbe tanto ricominciare a correre e ritrovare un poco di tempo per me, per adesso i bambini mi impegnano molto. Non ho aiuti e li porto sempre con me, anche dal ginecologo». Rebecca Albarani, 43 anni, un po’ Italia e un po’ Spagna, Milano, Genova, Barcellona, di nuovo Genova, ora vive in un paesino della Valsassina (Lecco) accanto alla cascata della Troggia che incantò anche Leonardo da Vinci, poi si vedrà. Mamma single da quando aspettava Daniele, va avanti così, senza girarsi mai indietro. Un problema alla volta, anche se i problemi sono «da strapparsi i capelli». Il brutto male di Elisa, la neurofibromatosi, i ricoveri e i soldi che a volte non bastano, «in ospedale il pasto del genitore non era compreso ed io mangiavo quello che lasciava mia figlia», la spesa al supermercato fatta con la calcolatrice gigante, «per risparmiare ci siamo inventati questo gioco, è stato divertente». Il lavoro sparito dopo la pandemia.

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IL RITORNO

Prima di diventare mamma, Rebecca era sempre in viaggio. «Avevo studiato arte e lavoravo nel visual merchandising, a Barcellona, poi in tutta la Spagna e tutta Europa.

Sono tornata in Italia quando ho conosciuto il papà dei miei figli. È nata Elisa, quando aspettavo Daniele, al terzo mese e mezzo di gravidanza, lui è andato via di casa. Mi sono sentita perduta. Tutti mi dicevano: non ce la farai mai da sola, cerca aiuto, trovati un altro. Ma non mi hanno detto la cosa più importante: che avrei vissuto gli anni più difficili e belli della mia vita. Che avrei capito il significato della felicità. E ce l’ho fatta, finora, tra dolore fatica e notti insonni. Cinque minuti ancora, amore, mi avevi detto che avresti fatto il bravo...»

LA PAURA

«A volte la notte mi sveglio, guardo la mia bambina e ho paura. Poi penso: cosa posso fare per migliorare la sua vita e la mia? Guardare avanti è la mia difesa. A Elisa è stata diagnosticata la neurofibromatosi a pochi mesi dalla nascita, una malattia rara che provoca tumori. Ad agosto del 2019 le hanno scoperto alcune lesioni all’encefalo e il 27 novembre sette neurofibromi. Speravo che non sarebbero arrivati. È stato uno choc. Ok, Rebecca - mi sono detta - ci sono e d’ora in poi bisognerà conviverci. Il 24 mattina, alla vigilia di Natale, abbiamo appuntamento al Besta, l’istituto neurologico di Milano. Non vedo l’ora, Elisa doveva essere ricoverata nove mesi fa ma tutto è saltato per il Covid e da allora non è stata più curata. Non riesce a fare tutto quello che fa il fratello. Lo vede correre e saltare, lei ha difficoltà. Mamma, perché non ci riesco? E Daniele la rassicura: ma non vedi che abbiamo scarpe diverse?». «Si troverà una cura per la malattia di Elisa, sono positiva, ci credo. Intanto cerco di aiutare la ricerca, su Instagram (@_mammasingle_ely_pio, oltre 45mila follower) chiedo di sostenere l’associazione “Linfa, lottiamo insieme contro la neurofitramotosi”. In tanti mi domandano, come fai a non essere disperata? Non lo so, è il mio modo di affrontare la vita, con il sorriso. Non mi sento strana e nemmeno speciale, mi viene naturale cercare una cosa positiva anche nei guai. Tante mamme mi ringraziano per le cose che scrivo su Instragram, dicono che nelle mie parole trovano conforto». «Mi piacerebbe tornare a lavorare, quando sarà possibile. Elisa frequenta la prima elementare, ma Daniele per quest’anno è a casa, la classe di scuola materna nel nostro paese non è stata formata». Elisa e Daniele, abbiamo finito. Grazie per la pazienza. «Bambini miei - scrive Rebecca - vi auguro di sentirvi liberi di essere sempre voi stessi».

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