Francesca Gabrieli, l'italiana che fa brillare Vermeer: «Ecco cosa ho scoperto nella Lattaia»

La chimica lavora ai capolavori del pittore olandese e al restauro della Ronda di Notte di Rembrandt

Francesca Gabrieli, l'italiana che fa brillare Vermeer: «Ecco cosa ho scoperto nella Lattaia»
di Laura Larcan
Mercoledì 22 Marzo 2023, 11:36 - Ultimo agg. 23 Marzo, 12:04
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«Io nel mio piccolo scopro come Vermeer utilizzava i suoi pigmenti, se aveva ripensamenti e faceva modifiche».

Nel “suo piccolo” Francesca Gabrieli compie questa impresa titanica sul leggendario artista fiammingo attraverso analisi chimiche. La chimica è la sua specialità. Tant’è che Francesca, nata ad Avellino 36 anni fa, una laurea e un dottorato a Perugia in Chimica applicata ai beni culturali, è l’italiana all’estero che sta scoprendo i segreti dei grandi maestri attraverso i colori. Per tre anni ha lavorato alla National Gallery di Washington dove ha conosciuto John Delaney pioniere nell’utilizzo dei macchinari di imaging iperspettrale utilizzati dalla NASA nelle missioni su Marte. È diventata un’esperta internazionale in strumentazioni che (non toccando l’opera) acquisiscono immagini chimiche per identificare i materiali scelti dall’artista e scoprire cosa c’è al di sotto. Dal 2019 vive in Olanda, per lavorare al Rijksmuseum. I suoi pazienti? Prima la Ronda di notte di Rembrandt. Poi dieci dipinti di Vermeer, e l’exploit della Lattaia, che ora brillano nella mostra-evento dedicata al maestro del Seicento d’Oro olandese, visitabile fino al 4 giugno ad Amsterdam.

Gabrieli, le piace essere definita «l’italiana che fa brillare Vermeer»?

«È un onore, ma non la sento una definizione esatta.

Perché sono una ricercatrice scientifica. Noi lavoriamo in team con restauratori e storici dell’arte e insieme diamo luce a nuove informazioni su questo splendido pittore».

Come descriverebbe il suo lavoro?

«Amo immensamente questo lavoro per il quale ho fatto molti sacrifici. Poter applicare tecniche scientifiche su quadri di valore inestimabile è davvero un’occasione unica. A volte sembra di andare indietro nel tempo e conoscere il pittore, capire il suo processo creativo ed essere lì con loro durante la fase di pittura dell’opera».

Nel suo lavoro la componente “femminile” fa la differenza?

«Nel mio team siamo principalmente tutte donne, soprattutto restauratrici e ricercatrici scientifiche. Riusciamo a comunicare benissimo, ci capiamo».

Qual è stato il momento più emozionante della sua esperienza sull’opera di Vermeer?

«L’analisi della Lattaia che è uno dei masterpiece del nostro museo. È un dipinto meraviglioso, con un effetto di luce ed ombre pazzesco e vederlo da così vicino, nel mio laboratorio, é stato bellissimo. Quando l’ho analizzato, ho creato immagini in falso colore nell’infrarosso con tecniche di imaging all’avanguardia, ed ho notato, insieme alle mie colleghe, la presenza sullo sfondo di elementi, in schizzo, che poi Vermeer aveva coperto con un muro bianco. Quello è stato un momento emozionante.»

Che cosa ha capito di Vermeer che fino ad oggi non si sapeva?

«Era un perfezionista, cambiava la sua composizione tante volte fino ad avere l’inquadratura perfetta, che funzionava! Lo fa con tanti dei suoi quadri. Pensavo che lui studiasse i soggetti prima e poi li dipingesse. Poi, da tutti i cambiamenti trovati e dagli schizzi molto grossolani, si capisce che invece avesse una componente impulsiva nella sua pittura. Lui creava le luci e le ombre già nei primi strati, prima di finire la composizione. Sapeva già dove poi sarebbe finita la luce e l’ombra. Un genio.»

Qual è stato il momento più suggestivo della sua carriera?

«Essere responsabile dello scanning di riflettografia iperspettrale visibile e infrarossa per il progetto Operazione Night Watch (Ronda di Notte). Ho speso due mesi nella casa di vetro costruita attorno al dipinto, con gli occhi dei turisti sulle mie spalle. Ho imparato a memoria tutti i dettagli del dipinto. Un altro momento indimenticabile é stato quando ho analizzato il Battesimo di Cristo di Verrocchio e Leonardo agli Uffizi. Io, da italiana con una squadra americana, di fronte ai grandi maestri del Rinascimento. Bellissimo.»

La scelta più coraggiosa?

«Abbandonare tutti i miei amici e la mia famiglia, impacchettare la mia vita in due valigie e partire per Washington, da sola, con un inglese ancora non buono, per inseguire un sogno. Ho lasciato Perugia dopo 11 anni. Tutta la mia vita. Se sono qui oggi lo devo a quella scelta.»

Da italiana all’estero, un consiglio per i giovani studenti.

«Di non abbattersi mai, di non sentirsi meno di nessun altro e di avere fiducia in se stessi e nella propria passione».

Progetti in cantiere per il 2023?

«Sicuramente sarò impegnata con Vermeer tutto il 2023, e poi ritorno alla Ronda di Notte! Rembrandt mi aspetta».

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