Kabul, attaccati ai carrelli degli aerei: la fuga mortale degli afghani

Kabul, ataccati ai carrelli degli aerei: la fuga mortale degli afghani
Kabul, ataccati ai carrelli degli aerei: la fuga mortale degli afghani
di Anna Guaita
Martedì 17 Agosto 2021, 07:22 - Ultimo agg. 07:33
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Tre puntini appena visibili, che riportano alla memoria la catastrofe che dette il via a tutto. I tre uomini afghani che ieri si sono attaccati alle ruote di un aereo americano che decollava e sono precipitati al suolo ricordano i tanti newyorchesi che si buttarono dalle Torri Gemelle divorate dal fuoco negli attimi prima che crollassero. Le immagini dell'aereo decollato dall'aeroporto di Kabul chiudono un cerchio maledetto cominciato con un attentato terroristico 20 anni fa e finito in questi giorni con il ritiro disordinato delle truppe mandate a punire il Paese che aveva dato ospitalità a quei terroristi.

Ma quei tre uomini disperati danno anche il polso di una situazione che sta degenerando in una tragedia umanitaria, e che è già costata la vita a sette persone, due delle quali coinvolte in uno scontro a fuoco con i soldati americani che pattugliano il perimetro dell'aeroporto.

Almeno 10 mila afghani si sono ammassati a ridosso delle piste, in parte anche invadendole e causando l'interruzione temporanea ieri dei voli di soccorso. A centinaia si sono aggrappati alle pance degli aerei, sono saliti sulle ali, hanno tentato di forzare i portelloni per entrare a bordo, e quando un aereo ha cominciato a rullare sulla pista, gli si sono parati davanti, e lo hanno seguito, forse sperando di fermarlo.

IL CONTINGENTE

Il caos all'aeroporto ha spinto il presidente Biden a raddoppiare il contingente di soldati dislocati per proteggere i funzionari d'ambasciata, i cittadini americani e i profughi afghani. La promessa delle autorità Usa è di portare mille persone al giorno fuori dall'aeroporto, un'impresa che molti esperti hanno ieri giudicato quasi impossibile, dato il degenerare della situazione. La massa all'aeroporto non ha acqua e cibo, e molti non hanno neanche i documenti. Per di più le truppe Usa devono fare i conti con i talebani che si sono schierati alle porte dell'aeroporto e le bloccano, ricorrendo addirittura alle jeep lasciate dagli americani stessi.

L'aeroporto è rimasto chiuso alcune ore poi nella notte i voli sono ripresi. Ieri il numero dei soldati Usa era arrivato a 3000 e altri 3000 dovrebbero atterrare nelle prossime ore. Si tratta cioè di un'intera brigata dell' 82ª Airborne Division, la divisione di paracadutisti specializzata in pronto intervento in luoghi ostili in tutto il mondo. Per assurdo, Biden deve dislocare 6 mila soldati, quando il totale che aveva trovato in Afghanistan da riportare in patria erano appena 2500. La maggior parte del ritiro era infatti avvenuto già alla fine dell'anno scorso con Donald Trump, anche lui convinto assertore della necessità di lasciare l'Afghanistan.

 

LA FOLLA IN AEROPORTO

La folla che si è ammassata all'aeroporto, e che i militari americani dovranno organizzare, proteggere e si spera - aiutare a fuggire, è in larga parte costituita da cittadini che hanno collaborato con gli americani e i loro alleati, e che chiedono ora di essere protetti dalla vendetta dei talebani. Questi continuano a sostenere che non vogliono vendicarsi, e il loro portavoce promette pacifica convivenza, indennità per le ambasciate e un governo che «includerà anche non talebani». In queste prime ore del nuovo regime, le strade di Kabul sono l'esatto opposto dell'aeroporto e sembrano confermare una volontà di pace, a sentire vari reporter dei media internazionali che sono rimasti in città: la Cnn riferisce che le strade sono tranquille, la Bbc racconta che per strada vari passanti salutano con cordialità le pattuglie dei talebani.

Le notizie che giungono dalle province non sembrano purtroppo confermare l'ipotesi di un orientamento più moderato da parte dei mujaheddin. Voci di ragazzine giovanissime obbligate a sposare i guerriglieri e di donne espulse dai posti di lavoro e dalle scuole sono state raccolte da varie fonti di informazione. Alcune giornaliste afghane hanno raccontato di aver ricevuto visite intimidatrici da parte dei mujaheddin, mentre vari lavoratori delle organizzazioni umanitarie riferiscono simili sviluppi.

 

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