Afghanistan, Didier Leschi: «Gli americani andranno via alla fine della settimana, in Francia già 1.200 afghani»

Afghanistan, Didier Leschi: «Gli americani andranno via alla fine della settimana, in Francia già 1.200 afghani»
Afghanistan, Didier Leschi: «Gli americani andranno via alla fine della settimana, in Francia già 1.200 afghani»
di Francesca Pierantozzi
Martedì 24 Agosto 2021, 07:25 - Ultimo agg. 07:30
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Il primo Airbus del ponte aereo Kabul-Parigi è atterrato in Francia il 15 agosto. Da allora sono circa 1200 gli afghani evacuati. Un'emergenza che è quasi una routine per Didier Leschi, uno dei migliori esperti in materia d'immigrazione in Francia, oggi direttore dell'Ofii, l'Ufficio francese per l'immigrazione e l'integrazione. Da giorni è in prima linea. Anche se la presa di Kabul dei talebani è stata più folgorante del previsto, la Francia si stava preparando da settimane all'arrivo di una nuova ondata da Kabul.

Negli ultimi tre anni, sono stati circa 10mila ogni anno gli afghani a chiedere asilo, in larghissima maggioranza uomini, poco formati, spesso analfabeti. «Ci aspettiamo un cambiamento nel profilo di chi arriverà ora in Francia. L'arrivo dei Talebani al potere porterà a far migrare più donne, categorie sociali superiori, persone provenienti dalle grandi città.

Già i primi arrivi mostrano un maggiore equilibrio tra uomini e donne e la presenza di famiglie», diceva qualche giorno fa Leschi. Poi le cose sono precipitate.

Quanti afghani sono arrivati finora in Francia, dopo la caduta di Kabul e l'inizio del ponte aereo?
«Per ora sono 1200. Ne aspettiamo almeno il doppio nei prossimi tre o quattro giorni».
Siete in grado di prevedere quanto tempo ci vorrà per far arrivare in Francia - e in Europa - tutti quelli che devono essere evacuati?
«Tutto deve svolgersi molto velocemente, perché sappiamo che gli americani partiranno nel fine settimana. Per questo parlo di quattro o cinque giorni».
Avete avuto il tempo di preparare il ponte aereo, di gestire l'evacuazione e soprattutto gli arrivi in Francia?
«Diciamo che in questo tipo di operazione e per quanto riguarda l'immigrazione siamo abituati al fatto che le cose si svolgano così. I dispositivi esistono. È quello che abbiamo dovuto far funzionare, per esempio, nel caso dell'evacuazione del campo di Calais».
Per gestire la situazione a Kabul siete stati portati a dover già negoziare, o almeno a coordinarvi, con i talebani?
«Stiamo lavorando sulla base degli accordi già negoziati dagli americani per consentire alle persone di poter accedere all'aeroporto. Poi è l'ambasciatore francese a Kabul a organizzare le cose sul posto».

 

Esiste in questo momento una coordinazione europea nella gestione delle evacuazioni?
«La coordinazione esiste in questo momento soprattutto per i casi di cittadini presi da altri paesi, arrivati in altre capitali europee, ma che poi devono essere trasferiti in Francia. Poi c'è il personale dell'Unione Europea che è preso in carico in modo coordinato tra i paesi membri, ma si tratta di una minoranza».
La situazione all'aeroporto di Kabul com'è in questo momento?
«Molto difficile».
Come sono organizzati l'arrivo e la prima accoglienza dei rifugiati del ponte aereo da Kabul?
«A parte le precauzioni legate alla situazione sanitaria, è in vigore il dispositivo dell'accoglienza tradizionale. Dopo una quarantena di dieci giorni i rifugiati verranno inviati in centri di accoglienza in diverse città dove ci sarà un esame delle situazioni caso per caso e l'avvio della procedura di richiesta di asilo».
 

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