Al Zawahiri ucciso, le differenze con Osama bin Laden: quando nel 2011 Obama e Biden assistevano all'incursione nella "situation room"

Il precedente americano nel blitz contro l'ex leader di Al-Qaeda

Al Zawahiri ucciso, le differenze con Osama bin Laden: quando nel 2011 Obama e Biden assistevano all'incursione nella "situation room"
Al Zawahiri ucciso, le differenze con Osama bin Laden: quando nel 2011 Obama e Biden assistevano all'incursione nella "situation room"
di Marco Ventura
Mercoledì 3 Agosto 2022, 10:28 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 00:10
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C’era anche Joe Biden, allora vicepresidente americano, nella famosa foto della “situation room” alla Casa Bianca accanto a Barack Obama col volto tirato come nessuno lo aveva mai visto, ancora la giacca a vento e una polo bianca perché non si era cambiato dopo aver giocato a golf alla Joint Base Andrews, e alle spalle il gotha del Pentagono. Tutti ad assistere con Barack, Joe e Hillary Clinton, al cinematografico blitz notturno del 2 maggio 2011, la devastante incursione con elicotteri da combattimento e un gruppo di 79 militari tra cui 25 sceltissimi “Navy Seals”, per eliminare Osama Bin Laden. Sguardi incollati alla scena rimandata dalle body cam degli incursori che entravano a suon di spari e granate nella villetta che nascondeva il leader di Al Qaeda nella cittadina pachistana di Abottabad. Con lui, uccisi uno dei figli e il padrone di casa e corriere di fiducia Al Kuwayti e la moglie. Osama riconosciuto ed eliminato con tre spari in fronte. Il cadavere trasferito sulla portaerei “Uss Carl Vision”, calato in mare per la sepoltura. La fase cruciale dell’operazione “Neptune Spear” consumata in mezz’ora di pura violenza, sfondando muri e barriere fino al corpo a corpo finale, dopo anni e anni di interrogatori a Guantanamo, mesi di appostamenti della Cia da una villetta vicina e verifiche sul posto attraverso la raccolta del Dna.

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Metodi opposti

La differenza col colpo secco e terrificante del drone americano che ha fatto a pezzi dall’alto, affacciato a un balcone a Kabul, Al Zawahiri, la mente dell’11 Settembre e ideologo dell’organizzazione, marca la distanza nel modo di fare la guerra ai capi del terrorismo internazionale. «È cambiato che non c’è stata, a Kabul, un’incursione di uomini come in Pakistan nel 2011», dice Marco Lombardi, coordinatore del centro di ricerca “Itstime” su sicurezza, terrorismo ed emergenze dell’Università Cattolica di Milano. «Per uccidere Bin Laden ci fu un’azione da film sulle forze speciali, con gli elicotteri che facevano tremare le finestre, la gente che correva e scappava e il rumore degli M15, i fucili d’assalto che sparando facevano un frastuono incredibile.

E i soldati che erano scesi con la fune, che avevano sfondato i muri ed erano entrati nel rifugio di Osama con le flashbang, le granate stordenti, al ritorno avevano ancora tutta l’adrenalina in circolo».

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Lontani dalle scene

Diversa l’uccisione di Al Zawahiri. «Chi lo ha fatto fuori è qualcuno che stava alla consolle di un computer, in un qualche ufficio insonorizzato con aria condizionata e cuffie, e ha colpito il suo obiettivo manovrando un joystick. La mano umana poteva essere su una portaerei o addirittura negli Stati Uniti, a migliaia di chilometri di distanza dal target e chi ha ucciso, se vogliamo dirlo estremizzando, non ha neanche sentito l’odore del sangue. Dal target reale si passa, con queste armi di oggi, sincronizzate e remotizzate, al target virtuale, quasi la continuazione di un videogioco in cui l’avatar è un’organizzazione ideologica. Chi comanda un drone non ha l’impatto emotivo che avrebbe sul terreno, puoi non percepire di aver fatto fuori una persona in carne e ossa. La dimensione emotiva della guerra non c’è più. Fai fuori Al Zawahiri, timbri il cartellino e torni a casa». E non c’è neppure l’imbarazzo di gestire un cadavere eccellente. Su Osama ancora circolano misteri e versioni alternative, come nella ricostruzione del premio Pulitzer del “New Yorker”, Seymour Hersh, convinto che Bin Laden non sia stato scoperto dalla Cia ma venduto per 25 milioni di dollari da un ufficiale pachistano, che la sua eliminazione sia stata avallata dai servizi di Islamabad e il corpo gettato non nell’oceano, ma da un elicottero sui monti dell’Hindu Kush.

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