Azov, i prigionieri ​«liberati dopo le torture» in Russia. Ma non tutti possono tornare a casa

Rilasciati in 215 nello scambio con il magnate filo-Putin. Proteste in Russia. L’accordo: i 5 comandanti in esilio in Turchia sino alla fine della guerra

Azov, liberati i prigionieri in uno scambio con la Russia: gli eroi dell'acciaieria tornano in Ucraina
Azov, liberati i prigionieri in uno scambio con la Russia: gli eroi dell'acciaieria tornano in Ucraina
di Mauro Evangelisti
Giovedì 22 Settembre 2022, 19:06 - Ultimo agg. 23 Settembre, 08:25
5 Minuti di Lettura

«Finalmente sono tornato nella terra migliore al mondo», dice uno dei 215 prigionieri dell’Azovstal, liberato dopo tre mesi trascorsi nelle celle russe, tra maltrattamenti e violenze. Spiega la madre di uno dei combattenti di Mariupol che lascia le prigioni di Putin: «Sono stati torturati e lo stesso succede a chi è ancora prigioniero, vengono interrogati con violenza, ce l’hanno raccontato i nostri ragazzi». Conferma il capo dell’intelligence ucraina Kirill Budanov: «Ognuno è in uno stato diverso. Ci sono persone che sono fisicamente più o meno in uno stato normale, a eccezione della malnutrizione cronica. Alcuni sono stati sottoposti a torture molto crudeli».

Comandanti Azov liberati in uno scambio di prigionieri. «Ai russi l’oligarca Medvedchuk»

 

Liberati prigionieri Azovastal, lo scambio

Lo scambio di prigionieri avviene nella regione di Cherniv. Tra gli ucraini c’è chi s’inginocchia e bacia il terreno. I cinque ufficiali più importanti andranno in Turchia e lì dovranno restare, in base all’accordo, fino al termine della guerra. Non potranno tornare a combattere. Zelensky ricorda orgoglioso: «Noi non abbandoniamo la nostra gente».

In Ucraina, nel giorno della liberazione di 215 prigionieri, in gran parte difensori delle acciaierie di Mariupol, dopo un accordo con i russi a cui sono stati restituiti 50 militari e l’oligarca filo Mosca Medvedchuk, non si lesina commozione, sconfinando, non di rado, anche nell’enfasi e nella retorica. Ma non potrebbe essere diversamente: l’assedio di Mariupol è una delle saghe di questa guerra, in cui un gruppo di militari (compresi quelli dell’Azov, battaglione conosciuto per simpatie di estrema destra) ha costretto i russi a una lunga e logorante operazione, evitando che quelle stesse forze venissero usate per attaccare altre città dell’Ucraina. In totale furono 2.500 gli ucraini costretti ad arrendersi il 16 maggio. Il trattamento ricevuto in Russia e in territori controllati da Mosca, in differenti prigioni, è stato molto duro, tanto che buona parte dei 215 uomini e donne restituiti grazie alla mediazione del presidente turco Erdogan e dell’Arabia Saudita, ora è in ospedale. In Ucraina festeggiano, in Russia la parte più militarista dell’opinione pubblica, sui social, è infuriata e non comprende, si sente umiliata, scrive «questo è un sabotaggio», «qualcuno ci spieghi che senso ha liberare i vertici dell’Azov».

 

Il figlio che verrà

Eppure, non ci sono solo i visi scavati e le barbe lunghe dei cinque comandanti. Tra i 215 ucraini liberati, c’è anche il volto dolce di Mariana Mamonova, 30 anni, medico militare che è al suo nono mese di gravidanza. Il figlio non nascerà in una prigione controllata dai russi, ma in terra ucraina. Non è l’unica donna in stato interessante tra i prigionieri restituiti, ci sono anche Anastasia Chernenka e Yana Shumovetska. I cittadini ucraini, che hanno festeggiato coloro che considerano «gli eroi dell’Azovstal», si sono commossi anche per la liberazione di una ragazza, un paramedico della Guardia nazionale ucraina, soprannominato «l’uccellino» perché in un video girato nei sotterranei delle acciaierie, durante l’estenuante e drammatico assedio, cantò una canzone per farsi forza e incoraggiare i soldati ucraini. In totale, dei 215 sono 108 i combattenti direttamente riconducibili al reggimento Azov. C’è il comandante, Denys Prokopenko, che si è rivolto a Zelensky: «Slava Ukraini. Signor presidente, stiamo bene, le nostre condizioni di salute sono soddisfacenti. Grazie a tutta la squadra». Sono stati liberati, e come Prokopenko andranno in Turchia, il vicecomandante Azov, Statoslav Palamar, il comandante ad interim della trentaseiesima brigata dei Marines ucraini Serhiy Vlynskyi, il comandante della dodicesima brigata della Guardia nazionale, Denys Shleha e il comandante della compagnia che dirigeva la difesa delle acciaierie, Oleh Khomenko. Nello scambio, anche cinque britannici, due americani, un marocchino e uno svedese, che andranno direttamente in Arabia Saudita.

Mogli, madri e fidanzate

Racconta Kateryna Prokopenko, moglie del comandante dell’Azov: «Sono tutti esausti e provati, ma siamo contenti di rivederli vivi. Però so che questa non è la fine della storia, ci sono ancora molti prigionieri. Le altre mogli dei combattenti, come le mie amiche Julia, Olga e altre donne meravigliose, purtroppo non vedranno ancora i propri mariti. Insieme continueremo la lotta». E la madre di un altro combattente liberato, Ilya Samoilenko, spiega: «Provo sentimenti contrastanti, ora dobbiamo riportare a casa tutti». E dalla Polonia parla Anastasia, 21 anni, della regione di Kharkiv, il cui fidanzato, 23 anni, era stato arruolato nell’esercito e poi è stato fatto prigioniero a Mariupol. «Lui è ancora in mano ai russi, per favore chiedo alla comunità internazionale di mobilitarsi per aiutarlo».

Mykhailo Dianov "Il Pianista" rilasciato dalla prigionia

Kateryna "Birdie" Polishchuk è viva e in Ucraina



Dmytro Kozackiy, in noto fotografo dell'Azovstal, è tornato a casa

© RIPRODUZIONE RISERVATA