Biden presidente Usa, Rutelli: «Joe innamorato di Roma, la sua America nasce qui»

Biden presidente Usa, Rutelli: «Joe innamorato di Roma la sua America nasce qui»
Biden presidente Usa, Rutelli: «Joe innamorato di Roma la sua America nasce qui»
di Mario Ajello
Domenica 8 Novembre 2020, 07:13 - Ultimo agg. 12:51
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Francesco Rutelli, lei oggi non è più in politica. Ma ha conosciuto Biden. Può confermare che il nuovo presidente americano ama molto Roma?
«Sì. L'ho incontrato diverse volte. Quando nel 2011, da senatore, ero nella tribunetta dei Fori Imperiali, per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, abbiamo chiacchierato un po'. Già lo avevo visto a Boston nel 2004, due volte a Washington e in altri incontri internazionali. A Roma, non posso dimenticare i suoi commenti sui Fori Imperiali che mi rivolse come ex sindaco. Il giorno prima, aveva incontrato il presidente Napolitano e gli aveva detto: se rinasco, voglio rinascere italiano».
Ammirando la bellezza di Roma, lei che cosa disse al futuro presidente degli Stati Uniti?
«Gli feci la battuta su Marte e Venere. A proposito della differenza tra l'America considerata Marte perché amante della guerra e l'Europa assimilata a Venere perché amante dell'amore. Mentre parlavamo, avevamo davanti a noi il tempio di Marte Ultore, cioè vendicatore, creato da Augusto e alle nostre spalle c'era il tempio di Venere Genitrice creato da Giulio Cesare in omaggio alla sua ascendenza. Io gli ho detto: ecco il posto in cui l'antagonismo tra Marte e Venere è bello che risolto!».
Rutelli, lei sta per pubblicare con Laterza il libro «Tutte le strade partono da Roma». Anche quelle dell'America di Biden partono da qui?
«Assolutamente, sì. Basta vedere gli uffici dove Biden ha lavorato da senatore. Sono affrescati da un incredibile e sconosciuto, ai più, artista romano. Si chiamava Costantino Brumidi, nato a Roma nel 1805, esiliato da Pio IX dopo la Repubblica romana e morto a Washington nel 1880, che è il pittore di Capitol Hill, cioè del Campidoglio americano. Era nato nell'edificio dove oggi, qui a Roma, c'è l'Hotel Forum, affacciato sui Fori Imperiali, proprio dietro al tempio di Marte Ultore».
Sta dicendo che tutto torna e che Roma è nel destino di Biden?
«Lei lo sa qual è l'espressione più pronunciata nel 2020 da sette miliardi di umani nel mondo? E' Corona Virus».
Espressione latina.
«Appunto. Noi ci dimentichiamo sempre, anche nella tragedia che stiamo vivendo, che la forza profonda della lingua e della civiltà occidentale deriva da Roma».
Va bene, ma Biden che cosa c'entra?
«Le dice niente che Biden, una volta eletto, sarebbe il secondo presidente cattolico romano degli Stati Uniti, dopo Kennedy? Questa è una cosa enorme. Gli altri presidenti per lo più sono stati cristiani episcopali, presbiteriani, battisti, metodisti o non affiliati. Ed è così rispettato Biden, nel suo essere cattolico romano, che nessuno lo ha contestato quando ha celebrato le nozze gay di due suoi collaboratori».
Lei è amico del nuovo presidente?
«Non esageriamo. Nel 2011 l'ho visto per l'ultima volta. Posso testimoniare del suo tratto aperto e sensibile, e del fatto che tra i leader americani è uno dei più favorevoli all'Europa, con un tratto di grande affetto verso l'Italia».
Ma davvero lei ha rapporti familiari con Biden?
«No. E' solo che mio figlio Giorgio, ora trentottenne, ha studiato a Boston e conosce bene l'America. Nella sua automobile scassata aveva un adesivo della campagna di Obama 2008 con Biden come vice presidente. Io ho fotografato quell'adesivo e dal mio cellulare, mentre eravamo su quella tribunetta per la festa dei 150 anni dell'Unità d'Italia, ho fatto vedere la foto a Biden. E lui: chiamiamolo subito, disse. Lo svegliammo di domenica mattina, e Biden lo salutò così: Hi Giorgio, here the vicepresident of United States of America. Mio figlio stava per attaccare il telefono perché non ci credeva».
Ma Joe non è un po' Sleepy?
«Macché. E' rapido e spiritoso. Certo ha i suoi anni. E l'America che va a governare è profondamente cambiata con il trumpismo. L'internazionalismo democratico, di cui lui era uno degli alfieri, non tornerà. Oggi Biden deve fare i conti con un'agenda sociale americana, più rivolta alle questioni interne dell'economia e del lavoro».

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