Coronavirus, il ministro dei trasporti spagnolo Abalos: «Chi dice no all'accordo è poco intelligente ma a breve capirà che non c'è alternativa»

Coronavirus, il ministro dei trasporti spagnolo Abalos: «Chi dice no all'accordo è poco intelligente ma a breve capirà che non c'è alternativa»
Coronavirus, il ministro dei trasporti spagnolo Abalos: «Chi dice no all'accordo è poco intelligente ma a breve capirà che non c'è alternativa»
di Elena Marisol Brandolini
Sabato 28 Marzo 2020, 11:32 - Ultimo agg. 13:43
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José Luis Ábalos è ministro dei Trasporti del governo spagnolo e segretario di organizzazione del Psoe. Fa parte della task force del governo impegnata a gestire la crisi del Coronavirus anche in Europa.
Ministro, prima di parlare di come si sta muovendo l'Europa, in Spagna sono già 64.000 i contagiati, i decessi sono 4.900: come si fa a dire che si è prossimi al picco?
«Non credo si possa affermare con certezza che siamo vicini al picco, raggiungerlo è ovviamente l'obiettivo ma non siamo in grado di dire quanto ancora manchi».
Sta funzionando il confinamento in Spagna?
«Ci sono alcuni indicatori sulla mobilità, che è scesa enormemente, che dicono che il confinamento si sta realizzando. Il governo studierà la possibilità di ridurre ulteriormente le attività».
La crisi sanitaria sta diventando anche crisi economica, ma il Consiglio Ue non ha deciso nulla: perché quest'assenza di solidarietà?
«Io direi che manca l'intelligenza, perché non si può isolare il virus dai suoi effetti. La propagazione del virus esige un comportamento di maggior impegno, neanche dico di solidarietà, ma almeno d'impegno. Anche se la priorità ora è quella della lotta sanitaria, nel fondo ci sarà sempre una questione economica per farvi fronte. Questa è una crisi molto più complessa di quella del 2008 e da un punto di vista umano molto più sensibile. Perciò dobbiamo dotarci di una strumentazione per reagire in modo distinto dal 2008. Stiamo parlando di una crisi che è anche politica e ha a che vedere con la risposta delle istituzioni nel gestire questo genere di emergenze».
La gestione europea della crisi del 2008 ha impoverito le popolazioni, ma non sembra che la Ue abbia appreso la lezione.
«Questa è l'inquietudine che abbiamo ed è qualcosa che c'impone di reagire con urgenza. I paesi che più peso hanno in Europa e che sono quelli attraversati da questa crisi sanitaria, come l'Italia, la Francia, la Germania e la Spagna credo che condividano questa inquietudine».
Spagna e Italia si sono unite in un inedito asse.
«E' molto normale che la Spagna e l'Italia si trovino assieme, dato che stanno vivendo una stessa situazione di grande angoscia. Noi pensiamo che questo è il momento in cui l'Europa deve dare risposte a questo problema. Perché la propagazione del virus non sa di frontiere né di nazionalità. Quei paesi che pensano che non li riguarda finiranno con l'accorgersene ed è meglio giocare in anticipo che quando è già tardi».
Il governo spagnolo parla di un nuovo Piano Marshall.
«E' un riferimento storico per esprimere la necessità di un piano di ricostruzione dotato finanziariamente che rimetta l'Europa nella situazione pre-crisi. Questa non è una crisi come quella del 2008, la nostra risposta non è la stessa di allora, proviamo a limitarne l'impatto confidando che si tratti di una crisi temporanea, evitando il danno nelle condizioni di molte persone e molte famiglie che si produsse allora».
Quando parlate di uno strumento comune di debito vi riferite al Mes o alla Bce?
«In generale noi parliamo di un intervento della Banca centrale europea che dia una risposta differente da quella del 2008 - d'altronde ogni iniziativa della Bce è bene accolta dalle Borse - e di un allentamento dell'austerità. La risposta degli Stati Uniti nella crisi del 2008 fu diversa e produsse migliori effetti della reazione europea. E di nuovo ora gli Stati Uniti intervengono nella crisi con la stessa ambizione».
Non sarebbe necessario un centro unico europeo per l'acquisto e distribuzione del materiale sanitario?
«Non solo sarebbe necessario questo, ma anche un comitato di coordinamento scientifico per la ricerca e per ricavare l'informazione e omologarla. Perché l'impressione è che ogni Paese stia contabilizzando la crisi con criteri distinti».
Non sarebbe necessario un coordinamento anche sulla mobilità transfrontaliera?
«Abbiamo fatto un gruppo di lavoro tra ministri dei Trasporti di Francia, Germania, Italia e Spagna, ma per ora non c'è alcuncoordinamento effettivo. Ancora adesso non abbiamo nessuna direttiva chiara al riguardo».
 
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