Il ministro della Giustizia Usa, Merrick Garland: «Ho autorizzato io l'Fbi a perquisire la casa di Donald Trump»

L'ex presidente deve decidere se opporsi alla diffusione del contenuto del mandato di perquisizione

Il ministro della Giustizia Usa, Merrick Garland: «Ho autorizzato io l'Fbi a perquisire la casa di Donald Trump»
Il ministro della Giustizia Usa, Merrick Garland: «Ho autorizzato io l'Fbi a perquisire la casa di Donald Trump»
Venerdì 12 Agosto 2022, 01:10
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Dopo giorni di speculazioni e retroscena sul blitz dell'Fbi nella residenza di Donald Trump in Florida, un evento senza precedenti nella storia degli Stati Uniti che ha scatenato un terremoto politico, il ministro americano della Giustizia, Merrick Garland, ha deciso di prendere la parola e fare chiarezza una volta per tutte.

«Ho autorizzato personalmente la perquisizione», ha esordito l'Attorney General dal podio allestito al dipartimento della Giustizia, ammettendo che decidere di inviare un gruppo di agenti federali a casa di un ex presidente «non è stata una decisione presa con leggerezza».

I 15 scatoloni

Nelle ultime ore è emerso che l'Fbi stava indagando da mesi sui documenti pubblici spariti dalla Casa Bianca e non riconsegnati dal tycoon quando ha restituito gli ormai famosi 15 scatoloni di carte agli Archivi Nazionali.

Secondo il New York Times, in primavera Trump ha ricevuto una richiesta dal dipartimento di Giustizia di consegnare le carte. Non ricevendo alcuna risposta dal tycoon a giugno un gruppo di federali ha fatto una visita «amichevole» a Mar-a-Lago alla presenza di Trump e due dei suoi avvocati durante la quale ha anche ispezionato lo studio privato dell'ex presidente e la cassaforte che Trump ha poi denunciato sia stata violata durante il blitz.

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Quindi, secondo il Wall Street Journal, l'Fbi ha ricevuto una soffiata che l'ex presidente continuasse a nascondere documenti ufficiali classificate nella sua residenza. E da qui è partita la macchina che ha portato alla perquisizione di qualche giorno fa. Garland, ovviamente, non ha confermato nessuna di questa circostanza nella sua breve dichiarazione tuttavia ha rivendicato che c'erano delle ragioni per autorizzare un'operazione del genere, una «probable cause» la definisce senza rivelare dettagli. Un'azione tenuta segreta sino all'ultimo anche all'interno del dipartimento di Giustizia e per questo poco gradita ad alcuni funzionari.

 

Pare infatti che gli agenti arrivati nella villa di Trump non indossassero neppure la divisa con la scritta Fbi e si siano presentati la mattina, e non di notte come avviene di solito, per non destare scalpore. L'Attorney General ha voluto sottolineare la professionalità degli agenti e dei funzionari del dipartimento di Giustizia respingendo come «ingiustificati» gli attacchi ricevuti in queste ore.

«Agenti e funzionari del dipartimento di Giustizia sono stati attaccati ingiustamente. Sono patrioti che si sacrificano per il bene del Paese. Sono onorato di lavorare accanto a loro», ha sottolineato Garland che è stato bersaglio di minacce di morte assieme al direttore delle Fbi, Christopher Wray, e al giudice che ha autorizzato materialmente la perquisizione, Bruce Reinhart. Anche il capo dell'Fbi ha condannato gli attacchi definendoli «preoccupanti». «La violenza contro le forze dell'ordine non è mai la risposta», ha detto Wray.

Trump, che dopo essersi rifiutato di rispondere per 450 volte alle domande della procuratrice di New York si è ritirato insieme ai sostenitori nel suo golf club in New Jersey, non ha direttamente replicato al procuratore generale. Ma pochi minuti dopo la dichiarazione di Garland sul suo social media Truth ha accusato l'ex presidente Barack Obama di aver portato a Chicago «33 milioni di pagine di documenti» e «i media produttori di Fake News» di rifiutarsi di parlarne.

La decisione di Trump

Intanto lo stesso Trump non ha ancora deciso come rispondere alla mozione del Dipartimento di Giustizia per togliere i sigilli e quindi rendere pubblico il mandato di perquisizione dell'Fbi. Lo riporta la Cnn citando alcune fonti. A chiedere che sia reso pubblico il mandato sono anche diversi media che sono comunque in attesa di una risposta dal giudice. Nel caso Trump non si opponesse alla pubblicazione, il giudice potrebbe decidere in tempi rapidi - nel giro di qualche ora - su come procedere oppure potrebbe prendersi più tempo, come di solito accade per i casi di alto profilo. Trump ha tempo fino a venerdì alle 21 italiane per presentare eventuali obiezioni.

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