Piano italiano per il grano, Draghi chiama Zelensky: «Un tavolo con la Russia per sbloccare il grano»

La proposta: trattativa Mosca-Kiev con la mediazione italiana e di altri Paesi Ue

Draghi chiama Zelensky: «Un tavolo con la Russia per sbloccare il grano»
Draghi chiama Zelensky: «Un tavolo con la Russia per sbloccare il grano»
di Alberto Gentili
Venerdì 27 Maggio 2022, 23:55 - Ultimo agg. 28 Maggio, 06:14
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La mediazione di Mario Draghi per scongiurare la crisi alimentare fa un passo in avanti. Dopo avere ottenuto giovedì «la disponibilità» di Vladimir Putin a consentire l’export di grano dai porti dell’Ucraina nel Mar Nero e nel Mar d’Azov, il premier italiano ha incassato ieri il sì di Volodymyr Zelensky. «Dobbiamo sbloccare i porti insieme», ha twittato il presidente ucraino al termine del colloquio con Draghi. «Registriamo un ascolto soddisfacente da entrambe le parti», tirano le somme a palazzo Chigi.

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Ora il prossimo step del premier italiano - che «al momento» non vede «spiragli di pace» - sarà tentare il «prima possibile» di imbandire un tavolo di trattativa dedicato esclusivamente alla crisi alimentare. I partecipanti? Naturalmente Mosca, Kiev e Roma. Ma anche alcuni partner europei, in primis il francese Emmanuel Macron (fino al 30 giugno presidente di turno dell’Ue) e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Non è però escluso, dato che Draghi illustrerà la sua mediazione lunedì e martedì al Consiglio europeo inizialmente dedicato solo alla questione energetica, che al tavolo si sieda anche l’Unione europea. «Nel corso del vertice», ha annunciato il presidente del Consiglio Ue Charles Michel in una lettera ai Ventisette, «discuteremo di modi concreti per aiutare l’Ucraina ad esportare i suoi prodotti agricoli».

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La strategia scelta dai Draghi è quella della diplomazia dei piccoli passi: provare a rompere la cortina di odio e diffidenza tra Russia e Mosca «con interventi specifici e pragmatici», come spiegano a palazzo Chigi.

Il premier insomma parte dal grano (che rischia di marcire nei porti ucraini e russi e dunque esistono interessi convergenti) per «misurare la volontà delle parti di confrontarsi». Una mossa decisa dopo la bocciatura del piano italiano per la pace presentato dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

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A questa strategia step by step, «iscritta nella cornice europea», si accompagna la volontà di porre l’accento sul negoziato e sul cessate il fuoco. Tant’è che Roma sta facendo pressioni, nonostante il muro alzato da Polonia e Paesi Baltici, affinché nel documento finale del vertice Ue (che contiene l’impegno per il «sostegno militare all’Ucraina») venga inserita la frase: «Rendere possibile una prospettiva di pace». E, cosa ancora più importante, il governo italiano non sta predisponendo (al contrario degli Usa) l’invio di nuovi armamenti all’Ucraina, sottolineando piuttosto l’importanza dell’avvio di un percorso negoziale tra Mosca e Kiev.
«La questione delle armi non è all’ordine del giorno, non si sta lavorando a un quarto decreto», spiegano a palazzo Chigi e confermano al ministero della Difesa. «Semmai di nuove armi se ne parlerà dopo il summit Nato del 29 e 30 giugno», dice un’alta fonte di governo. Frenata che farà la gioia di Giuseppe Conte, di Matteo Salvini (di nuovo pronto a partire per Mosca) e della sinistra di governo. Ma che scontenta Zelensky: nella telefonata durata una ventina di minuti, il presidente ucraino ha chiesto a Draghi «ulteriore supporto nella difesa da parte dei nostri partner» e «forniture di carburante».

 

Nel colloquio, Zelensky ha anche illustrato a Draghi l’andamento della guerra «nelle regioni orientali del Paese». Notizie decisamente pessime, vista l’avanzata russa. E, secondo quanto recita il comunicato di palazzo Chigi, il premier «ha assicurato il sostegno del governo italiano all’Ucraina in coordinamento con il resto dell’Unione Europea». Inoltre Zelensky «ha espresso apprezzamento per l’impegno da parte del governo italiano e ha concordato con Draghi di continuare a confrontarsi sulle possibili soluzioni della crisi alimentare che minaccia i Paesi più poveri del mondo».

I RISCHI E LE DIFFICOLTÀ

Draghi sa bene che la sua mediazione è tutt’altro che facile: «Potrebbe fallire, il mio tentativo rischia di finire nel nulla», ha detto giovedì. Ma vale la pena di rischiare il flop, in quanto «la posta in gioco è la vita di milioni e milioni di persone». E il rischio di una nuova e massiccia ondata migratoria dall’Africa: il continente più minacciato dalla crisi alimentare.
Che la mediazione sia complessa è dimostrato dalle accuse reciproche. Putin dice che è stato Zelensky ad aver minato i porti. Zelensky sostiene che l’ha fatto per impedire l’attacco di Putin a Odessa e alle altre città portuali. E, proprio ieri, ha accusato Mosca di aver «disseminato 500 mine nel Mar Nero». «Da questa situazione», spiega un’alta fonte del governo italiano, «se ne esce vincendo la diffidenza reciproca. Sarà ad esempio indispensabile avere garanzie da Mosca che non attaccherà i porti ucraini una volta che saranno stati sminati per far partire le navi cariche di grano».

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