Fukushima, allarme acqua radioattiva: «Non c'è più spazio, sarà versata nel Pacifico»

Fukushima, allarme acqua radioattiva: «Non c'è più spazio, sarà versata nel Pacifico»
Fukushima, allarme acqua radioattiva: «Non c'è più spazio, sarà versata nel Pacifico»
Martedì 10 Settembre 2019, 15:20 - Ultimo agg. 19:31
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Fra tre anni, nel 2022, non ci sarà più spazio a Fukushima per stoccare l'acqua radioattiva utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati dal terremoto e lo tsunami dell'11 marzo 2011. Lo ha reso noto il gestore della centrale, la Tepco (Tokyo Electric Power), come riferisce il quotidiano francese Le Monde. Ogni giorno vengono usati oltre 200 metri cubi di acqua per raffreddare i reattori danneggiati, ed evitare che fondano e producano nuove fughe di materiale radioattivo. L'acqua però rimane debolmente radioattiva e deve essere stoccata in appositi serbatoi, costruiti sul sito dell'impianto. Oggi ce ne sono un migliaio e il gestore ne vuole costruire degli altri. Secondo Tepco però, date le dimensioni del sito, si può arrivare a stoccare al massimo 1,37 milioni di tonnellate di acqua.

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Questo limite sarà raggiunto nel 2022. Il governo giapponese ha incaricato un commissione di esperti (fra i quali membri dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Aiea) di studiare le possibili soluzioni. I tecnici hanno indicato 5 opzioni, fra le quali l'iniezione sotterranea e la vaporizzazione, ma hanno aggiunto che la dispersione in mare è l'unica opzione realistica. Gli abitanti della zona, le associazioni ambientaliste e il governo della vicina Corea del Sud si sono opposti a questa ipotesi.
 

Il ministero degli Esteri di Seul ha convocato l'ambasciatore giapponese per chiarimenti. In una dichiarazione ha reso noto che «il nostro governo riconosce in modo molto serio l'impatto che i risultati dello sversamento di acqua contaminata dall'impianto di Fukushima può avere sulla salute e la sicurezza dei cittadini di entrambi i paesi, e per estensione su tutti i paesi confinanti sull'oceano». Per un rappresentante di Greenpeace Corea, Chang Mari, «una volta che quest'acqua contaminata e il trizio (il materiale radioattivo che la contamina ndr) saranno nell'oceano, seguiranno le correnti marine e si ritroveranno dappertutto, compreso nel mare a est della Corea. Si stima che ci vorranno 17 anni perché questa contaminazione radioattiva sia abbastanza diluita per raggiungere un livello sicuro. È un problema che riguarda il mondo intero».

È il trizio l'elemento che rende radioattiva l'acqua. Come spiega il sito Asia Times, l'acqua di raffreddamento dopo l'uso viene depurata di 62 radionuclidi. L'unico che non viene eliminato nel processo è il trizio. Si tratta di un isotopo dell'idrogeno a bassa radioattività, per questa ragione difficile da rilevare. La sua radiazione non riesce a penetrare la pelle umana, ma può essere dannoso se ingerito o inalato. Viene tuttavia considerato poco pericoloso per l'uomo, perché viene espulso rapidamente attraverso le urine e il sudore. Dimezza la sua carica radioattiva in 12 anni. A Fukushima, dopo il disastro dell'11 marzo del 2011, il gestore dell'impianto Tepco ha costruito 960 serbatoi d'acciaio per stoccare l'acqua usata per raffreddare i tre reattori (200 metri cubi al giorno). Al momento i serbatoi contengono 1,1 milioni di tonnellate d'acqua contaminata.



Secondo Tepco, la loro capacità massima è di 1,37 milioni di tonnellate, che sarà raggiunta fra 3 anni, nel 2022. Per il presidente dell'Autorità giapponese per il nucleare, Toyoshi Fuketa, scaricare l'acqua contaminata in mare è l'opzione più ragionevole e sicura. Una volta presa la decisione però, servirebbe un anno per preparare tutto l'impianto per lo sversamento. L'altra opzione sarebbe quella di costruire nuovi serbatoi. Per l'Autorità per il nucleare, nuovi depositi nel sito potrebbero saturarlo, e togliere spazio per lo stoccaggio dei materiali altamente radioattivi dopo lo smantellamento della centrale. Altra possibilità sarebbe quella di usare per i nuovi depositi i terreni privati circostanti, privi ormai di valore dopo il disastro. Ma le leggi giapponesi sugli espropri sono molto deboli, e l'operazione potrebbe essere difficile. La decisione finale spetta ora al governo di Tokyo.

Paride Meloni, responsabile della divisione dell'Enea per la Sicurezza e sostenibilità del nucleare, del dipartimento Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare commenta l'ipotesi avanzata dal ministro giapponese dell'Ambiente Yoshiaki Harada. «È fondamentale - ha rilevato - seguire regole molto precise circa la distanza dalla costa alla quale deve avvenire il rilascio e gli intervalli di tempo tra un rilascio l'altro». Non si tratta di una novità: proposte analoghe erano state discusse in passato in diversi contesti internazionali, fra i quali il gruppo di lavoro del sulla Sicurezza nucleare. «La diluizione è stata già consigliata al Giappone in diversi scenari internazionali - ha detto ancora Meloni - perché dal punto vi sta dell'impatto ambientale la diluizione nell'oceano in modo ragionato, alla giusta distanza dalla costa e a intervalli abbastanza lunghi fra un rilascio e l'altro è molto bassa».

L'acqua da smaltire è quella utilizzata per raffreddare l'impianto da quando la centrale è stata danneggiata dallo tsunami dell'11 marzo 2011 e il cui quantitativo oggi ha raggiunti livelli tali da porre seri problemi per lo smaltimento. Nel processo di raffreddamento l'acqua è venuta a contatto con il materiale radioattivo dei reattori della centrale ed è in questa fase che l'idrogeno dell'acqua è stato trasformato in trizio (o idrogeno-3), un elemento a vita breve poiché il suo tempo di decadimento è pari a poco più di 12 anni e considerato di bassa pericolosità per l'organismo umano.

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