Le chiamano lacrime di sirena: un nome poetico, ma che poetico non è. Si tratta di piccole sfere di plastica grezza, solitamente bianca, commerciate in tutto il pianeta per poi essere fuse e trasformate nei prodotti di uso comune. Le spiagge dello Sri Lanka in questi giorni ne sono piene, portate dalla corrente dopo l'incendio e l'affondamento della nave MV X-Press Pearl che le trasportava in 28 container. Gli operatori della marina ne rimuovono ogni giorno miliardi, ma è una missione da inferno dantesco, perché a ogni marea l'oceano piange nuove e tantissime lacrime.
FESTEGGIAMENTI A METÀ
Questo disastro ecologico, il peggiore nella storia dello Sri Lanka, non è certo il modo migliore per festeggiare la Giornata mondiale dell'Ambiente, che cade proprio oggi. Una ricorrenza voluta dalle Nazioni Unite nel 1972, in concomitanza con la nascita del loro programma ambientale, l'UNEP. Questa edizione, la 47ª , è dedicata agli ecosistemi, cioè l'insieme di vegetazione, animali, funghi, micro-organismi e il loro stretto e complesso rapporto di co-dipendenza.
Gli ecosistemi svolgono dei ruoli fondamentali per la sopravvivenza degli esseri viventi, umanità compresa. Basta pensare agli insetti impollinatori, come le api: perderle significa rinunciare a fiori e piante, e viceversa. Sembra un tema per puristi dell'ecologia, ma metà del Pil mondiale, secondo le stime Onu, si basa su qualche tipo di servizio ecosistemico: 2 miliardi di persone, per esempio, dipendono direttamente dall'agricoltura; e un terzo del pianeta beve acqua che viene depurata in maniera naturale dalle foreste.
I RISCHI
Oggi sono tanti gli ecosistemi in grave pericolo: ci sono almeno 1 milione di animali e piante in via d'estinzione, perdiamo un'area di alberi grande come la Danimarca ogni anno e sono morte metà delle barriere coralline (che si sbiancano con l'aumento della temperatura degli oceani causata dal climate change).
Anche nella tundra siberiana fa troppo caldo: lo scongelamento del permafrost (il terreno ghiacciato) avvia un effetto a catena che genera emissioni di gas serra intrappolati e numerosi incendi (gli incendi zombie, che rimangono attivi per molti mesi).
LE SPERANZE
Non bisogna cedere al fatalismo, però. Perché negli ultimi anni abbiamo dimostrato di essere in grado di salvare le aree più fragili. A volte basta semplicemente non fare nulla, e la natura ha ancora la forza di rigenerarsi da sola, come succede con le mangrovie protette dall'ente IUCN. Altre volte ci vuole il nostro contribuito per ottenere risultati inaspettati: la Savana si sta ripopolando grazie al lavoro di squadre anti-bracconieri e tecnologie di monitoraggio. In Pakistan dal 2014 si piantano milioni di nuovi alberi per formare uno Tsunami verde che offra acqua potabile, arricchisca il suolo e protegga dalle inondazioni. In Africa il Great Green Wall punta a salvare 100 milioni di ettari di suolo ora degradato.
Una menzione finale la merita il diavolo della Tasmania (reso famoso dal cartone animato Taz dei Looney Tunes): un marsupiale a rischio d'estinzione originario dell'omonima isola a largo dell'Australia. Questa settimana una ong animalista ha reso noto che per la prima volta da almeno 3000 anni sono nati degli esemplari a Barrington, nell'Australia continentale, dopo che il gruppo originario di 26 esemplari adulti era stato trasferito lì l'anno scorso.
I cuccioli nati sono sette: può sembrare un numero minuscolo, ma è un traguardo fino a pochi anni fa impensabile.