Giornata mondiale degli Oceani contro la plastica, il pirata che avvelena i mari

Giornata mondiale degli Oceani contro la plastica, il pirata che avvelena i mari
di Valeria Arnaldi
Sabato 8 Giugno 2019, 12:01 - Ultimo agg. 12:21
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Una tartaruga marina, nel Ragusano, uccisa circa due settimane fa dalla plastica ingerita. Un capodoglio morto a Cefalù pochi giorni prima con chili di plastica nello stomaco. Così una femmina gravida della specie, a marzo in Costa Smeralda: aveva mangiato 22 chili di plastica. È un vero s.o.s quello che arriva dal mare.
L'emergenza plastica è il cuore della Giornata Mondiale degli Oceani, che si celebra oggi con iniziative di sensibilizzazione di Paese in Paese. Sono circa 8,3 miliardi le tonnellate di plastica prodotte nel mondo dagli anni Cinquanta oggi. Appena il 9% è stato riciclato. Oltre otto milioni di tonnellate vengono riversate negli oceani ogni anno, secondo United Nations Environment Programme. Per il Wwf, il 66% degli oceani è stato alterato in modo significativo dall'uomo. Circa un milione di uccelli marini e 100 mila animali, annualmente, sono uccisi dalla plastica, secondo l'Environmental Investigation Agency. Sono in pericolo 690 specie marine, tra queste il 27% è a rischio estinzione. Perfino i crostacei nella Fossa delle Marianne hanno ingerito plastica. E pure qui sono stati individuati frammenti di sacchetti e monouso.

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I FONDALI
«Aver trovato plastica nello stomaco dei capodogli che si nutrono sui fondali è molto preoccupante», dice Francesca Garaventa, ricercatrice Cnr-Ias, a bordo dell'imbarcazione che oggi terminerà il monitoraggio di microplastiche nel Tirreno condotto da Cnr-Ias, Greenpeace e Politecnica delle Marche. «Nelle analisi vogliamo avvicinarci il più possibile per dimensioni alle nanoplastiche, ancora più gravi delle micro. Ad oggi non ci sono sistemi di campionamento per i fondali, ciò che vediamo in superficie è realmente la punta dell'iceberg».
Ricercatori Ifremer hanno da poco annunciato l'esistenza di un'isola di plastica tra Corsica ed Elba. Spinti dalle correnti del Mediterraneo nord-occidentale, i rifiuti si accumulano per settimane, fino a due/tre mesi, poi si disperdono, salvo riformarsi. «Sono accumuli imponenti - dice Garaventa, che ha navigato nell'area - Le manifestazioni di sofferenza del mare sono sempre più ravvicinate nel tempo. La ricerca sta facendo tanto ma i tempi delle risposte sono lunghi». Nell'Oceano Pacifico, si trova la più grande isola di plastica, Pacific Trash Vortex: l'estensione si stima fino a oltre 10 milioni di km quadrati. La North Atlantic Garbage Patch - circa 4 milioni di km quadrati - è nell'Atlantico settentrionale. Al largo del Cile, la South Pacific Garbage Patch. La South Atlantic Garbage Patch è tra America del Sud e Sud Africa. L'Indian Ocean Garbage Patch, nell'Oceano Indiano. L'Arctic Garbage Patch nel mare di Barents.

I DIVIETI
Mentre politica e istituzioni prevedono norme e divieti per la produzione di plastica, si leva forte la richiesta ambientalista. A darle voce, anche arte, moda, design. A Bristol da poco un murale di Jody Thomas omaggia Greta Thunberg. Christian Holstad, alla Biennale di Venezia, ha portato l'opera Consider yourself as a guest, realizzata con rifiuti. A Roma, fino al 20 giugno, alla Galleria Sala 1 la mostra Ripensare la materia, sull'ecosostenibilità, presentata pure a Barcellona, Khulna, San Diego, Berlino.

LE CALZE
In città, Maria Cristina Finucci, nel 2018, ha esposto Help the Ocean, installazione con tappi riciclati in reti di plastica. Anche l'australiana Alison McDonald e l'indiano Arun Kumar lavorano con plastica riciclata. Etro firma il piumino sostenibile ForTheOceans. Wolford, calze in nylon rigenerato da materiali trovati in mare. E così via. Dal 2020 Ikea proporrà Musselblomma, prima linea realizzata con rifiuti dalle coste del Mediterraneo.

 

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