Iran, sottomarini e fregate: nel Golfo Persico è già battaglia navale

Iran, sottomarini e fregate: nel Golfo Persico è già battaglia navale
Iran, sottomarini e fregate: nel Golfo Persico è già battaglia navale
di Marco Ventura
Lunedì 6 Gennaio 2020, 09:22 - Ultimo agg. 09:23
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Cielo, terra e mare. Il confronto fra Stati Uniti (e loro alleati) e l'Iran passa anche attraverso l'autostrada marittima tra le più trafficate al mondo: il Golfo Persico, dove l'Iran sciita guarda i nemici di sempre, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e l'Oman, sunniti, ed è vicinissimo con le sue coste alle navi da guerra e alle petroliere nello Stretto di Hormuz.

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Dopo l'uccisione con un drone statunitense del generale Soleimani, uno dei suoi comandanti Ghulam Ali Abu Hamza, ha puntato l'indice su 35 obiettivi «oltre a Tel Aviv». Tra questi, lo Stretto di Hormuz «dove passano decine di navi da guerra americane», il Golfo di Oman e quello Persico. Pronta la reazione del ministro della Difesa britannico che ha ordinato alla Fregata HMS Montrose, e al cacciatorpediniere HMS Defender, di tornare a presidiare i punti di passaggio del petrolio nel Golfo. Stando al segretario alla Difesa, Ben Wallace, il Regno Unito si prepara a qualsiasi evenienza: «Faremo tutti i passi necessari per proteggere in questo frangente le nostre navi e i nostri cittadini». Londra, del resto, è la capitale che più e prima di ogni altra ha speso parole di vicinanza agli Stati Uniti per la decisione di eliminare Soleimani. «Il generale è stato l'artefice dell'uso dei proxies per sabotare vicine nazioni sovrane e bersagliare i nemici dell'Iran», spiega Wallace.

I PROXIES
Proxies sono le unità paramilitari non formalmente riconducibili alla bandiera dell'Iran eppure manovrate da Teheran. E il manovratore era Soleimani. La differenza ora è che gli Stati Uniti hanno superato quella sottile linea rossa, osserva Francesca Manenti analista del Centro studi internazionali, che voleva intoccabili gli esponenti delle istituzioni, mentre Soleimani era a tutti gli effetti inquadrato nell'assetto istituzionale della Repubblica Islamica (le unità per le operazioni speciali all'estero di cui era capo dal 1998 rientrano nelle Forze armate iraniane e con l'esercito, in gergo Artesh, «rispondono allo Stato maggiore»). Volendo evitare una guerra suicida in campo aperto, l'Iran potrà però rilanciare il programma nucleare, riprendendo l'arricchimento dell'uranio sopra la soglia limite del 20 per cento, e «disseminare di nuovi o vecchi fronti di instabilità scenari strategici» come il Golfo.
La Marina degli Ayatollah può contare anche sui sottomarini. Nei giorni scorsi, prima del drone che ha ucciso Soleimani, gli iraniani avevano ripreso i sequestri di petroliere straniere nello Stretto di Hormuz, come risposta all'intensificarsi degli attacchi coi droni da parte americana contro la milizia filo-iraniana in Iraq, Kataib Hizbullah. La strategia statunitense della massima pressione ha raggiunto l'apice con l'eliminazione di Soleimani ma è da luglio-agosto che è aperta la crisi degli attacchi iraniani alle petroliere, specie britanniche, in conseguenza delle sanzioni americane che evidentemente con efficacia - colpiscono le esportazioni di petrolio iraniano.

OPZIONE TERRORISTICA
I pasdaran, da parte loro, bloccano non solo piccole navi che farebbero contrabbando di petrolio, ma anche grossi oil tanker battenti bandiere internazionali riconosciute. E le vie marittime del petrolio, tra petroliere e unità militari Usa e britanniche, potrebbero tornare nel mirino di Teheran. Senza escludere l'opzione terroristica.
 
 

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