Iran, la testimonianza dei prigionieri torturati: «Ci hanno spinto a pensare al suicidio»

Le repressioni da parte del governo sui cittadini sembra aver raggiunto livelli di violenza senza precedenti

Iran, la testimonianza dei prigionieri torturati: «Ci hanno spinto a pensare al suicidio»
Iran, la testimonianza dei prigionieri torturati: «Ci hanno spinto a pensare al suicidio»
Martedì 20 Dicembre 2022, 12:28
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Continuano le violenze e le repressioni da parte del governo di Teheran sui manifestanti in Iran. Da un paio di settimane, inoltre, il regime degli ayatollah ha cominciato a eseguire le prime condanne a morte. Dopo mesi di proteste, scaturite dalla la morte di Mahsa Amini, lo scorso 16 settembre, ormai per le strade delle città iraniane non si contano più i morti. Sono decine anche i prigionieri arrestati dalla polizia durante le proteste, e in un Paese dove da anni la comunità internazionale cerca di accendere un faro sulla violazione dei diritti umani e, in particolare quelli delle donne, ora le repressioni da parte del governo sui cittadini sembra aver raggiunto livelli di violenza senza precedenti.  

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La testimonianza

Il Corriere della Sera pubblica oggi sulle sue pagine le testimonianze di alcuni dissidenti arrestati durante le proteste, pesantemente torturati durante la detenzione.

Le prime parole riportate sono quelle di Ali (nome di fantasia): «Buongiorno, sono Ali ho 42 anni e faccio il tassista. Sono stato arrestato di fronte all’università di Isfahan a fine ottobre. Sostenevo gli studenti nelle proteste contro il dittatore Khamenei». Quel giorno, Ali viene prelevato con la forza e portato in un centro di detenzione, di cui non si conosce l'indirizzo. Secondo un report del World Prison Brief del 2014, il governo iraniano possiede decine di queste strutture in tutto il Paese dove tortura e interroga i dissidente del regime. «C’era un uomo molto alto, con un passamontagna. Non faceva che insultarci e picchiarci» dice Ali. Dopodiché l'uomo comincia un vero e proprio racconto dell'orrore: «Ci portavano in una stanza e ci riempivano di botte, ci minacciavano e ci ordinavano di violentarci a vicenda. Sul soffitto, una telecamera che riprendeva tutto, ci hanno privato della dignità». 

Il Corriere riporta anche le parole di un'altra prigioniera, Sara, la quale però non parla degli abusi sessuali subiti, il ricordo è ancora troppo nitido «non riesco ancora a tornare con la mente a quei momenti». 

«In prigione, i medici cercano di farti il lavaggio del cervello. Mi ripetevano: “Hai rovinato la tua vita, perché manifesti?”. Lo psicologo mi diceva che i giovani come me poi si suicidano: “Che senso ha una vita vissuta così?”», racconta Sara, che continua, «gli aguzzini convincevano i detenuti ordinari a maltrattarci. Mi imbottivano di pillole. Ero obbligata a ingoiarle, loro aspettavano che deglutissi. Se mi rifiutavo, la destinazione era la cella d’isolamento». 

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