Hafida, la predicatrice che forma gli Imam: «Sono una donna e agli uomini insegno l'Islam»

Hafida, la predicatrice che forma gli Imam: «Sono una donna e agli uomini insegno l'Islam»
Hafida, la predicatrice che forma gli Imam: «Sono una donna e agli uomini insegno l'Islam»
di Franca Giansoldati
Venerdì 29 Marzo 2019, 08:41 - Ultimo agg. 18:09
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Sposata con tre figli adolescenti, una laurea in lettere moderne alle spalle, Hafida Ait Taleb è una delle poche predicatrici islamiche che, in Marocco, hanno raggiunto il grado di Murshidat e possono predicare in moschea oltre che formare gli Imam. Difende a spada tratta il movimento #MeToo, la libertà di culto, la democrazia e ripete che si commette un errore madornale quando in Occidente si collega l'Islam al terrorismo, come fosse un automatismo. Sabato pomeriggio sarà presente all'Istituto Mohamed VI degli Imam a Rabat, tappa fondamentale della visita in Marocco di Papa Francesco. Nessun pontefice finora aveva mai messo piede in una scuola coranica.
Quante siete con questo ruolo in Marocco?
«L'ampliamento alle donne nel campo della predicazione è frutto della riforma avviata nel 2000 da Re Mohammed VI. Da allora fino ad oggi l'Istituto Mohammed VI per la formazione degli imam e delle guide spirituali (donne e uomini), ha formato circa 1000 donne».
Che studi bisogna fare per diventare Murshidat?
«Il percorso è uguale per uomini e donne. Non ci sono differenze di sorta. I candidati devono essere cittadini marocchini, godere dei diritti civili, possedere una laurea in qualsiasi specializzazione e conoscere già almeno la metà del Corano e non avere più di 45 anni. La formazione dura un anno. Il programma di studio comprende lezioni teoriche, conferenze, seminari e corsi di applicazione in scienze islamiche, lingua araba, lingue straniere, psicologia sociale, informatica e media. Al termine c'è un esame e poi la nomina dove c'è bisogno, in specifiche aree del Paese sotto la supervisione del Consiglio Scientifico. All'Istituto Mohammed VI si formano anche un gran numero di imam stranieri».
È facile conciliare la vita familiare con quella di predicatrice?
«Amo il mio lavoro. Penso che quando i membri di una famiglia sono d'accordo su qualcosa, tutto può avere successo. Tra me e mio marito c'è molta comprensione e cooperazione. I miei figli, un maschio e due femmine, studiano, il più grande è all'università, fa ingegneria, la più piccola che ha 15 anni è alle superiori, insomma, è la vita di tante famiglie. Hanno le loro aspirazioni, i loro sogni. Io e mio marito insegniamo loro a essere rispettosi e utili a sé stessi e agli altri, facendo leva sui valori e sui principi del nostro Paese».
Come valuta il movimento #Metoo?
«È nato contro le molestie e tutte le forme di violenza sessuale. Mi auguro che possa trovare concretezza anche nelle leggi e nei testi legislativi per proteggere la dignità delle donne. Per quanto riguarda la lotta delle donne per i loro diritti, non esagero se dico che la strada è lunga e aspra. La donna ha subito ingiustizie ed emarginazione nel mondo a causa di tradizioni obsolete ed ignoranza, ma in questo io dico che la religione non c'entra niente».
Nel Corano la donna è in una posizione subordinata all'uomo...
«In effetti i veri insegnamenti della nostra religione confermano il dovere di salvaguardare l'onorabilità e la dignità delle donne come mogli, figli, madri, lavoratrici o casalinghe, garantendo loro diritti e con la responsabilità di svolgere i loro doveri. Saluto ogni donna che ha lottato per ottenere il legittimo diritto all'educazione, alla conoscenza e alla scienza, per il lavoro, per il diritto a votare e partecipare a tutti gli aspetti della vita, raggiungendo posizioni di alto livello, persino di andare nello spazio».
In Marocco la questione femminile come procede, visto che in parlamento ci sono solo 81 donne su 395, e 6 donne su 10 sono analfabete nei contesti rurali?
«Alla luce del rinascimento che sta vivendo il Marocco la donna ha un forte impulso, anche nella sfera religiosa. Pensi che il numero dei membri nel Consiglio che sovrintende il lavoro delle guide spirituali, è passato da una a ben quattro. Il numero di laureate all'istituto Mohammed VI è cresciuto da 50 a 100. La donna è fortemente presente all'interno della moschea, nelle istituzioni educative, nelle case per studenti, negli istituti penitenziari, nei circoli femminili, nonché nello svolgimento di attività sociali e caritatevoli negli orfanotrofi, nelle case di cura e ospedali, sia nelle città che nei villaggi».
Che pensano di Papa Francesco?
«Viene descritto come umile, sostenitore dei diritti umani che lavora per la pace e che ha respinto la teoria di collegamento dell'Islam al terrorismo. Ricordo la sua frase: Non penso sia giusto collegare l'Islam e la violenza. Il documento della fratellanza umanitaria firmato ad Abu Dhabi, a mio parere, è un testo straordinario che attesta l'essenza dei messaggi divini, come la fede in Dio, pace, dialogo, convivenza e cooperazione e il rifiuto di tutte le forme di violenza, ingiustizia e intolleranza. Speriamo che, come è stato dichiarato nel documento, tutti i leader politici e religiosi si impegnino a diffonderlo e tradurlo in decisioni, testi legislativi e programmi educativi».
Lei conosce per caso un po' anche la Bibbia o qualche suo passo?
«Non ho ancora avuto modo di studiare la Bibbia, ma sono sicura che, come ho già detto, l'essenza e l'origine dei messaggi divini è la fede in Dio e il raggiungimento della pace e del bene nella vita delle persone».

Franca Giansoldati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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