Ucraina, Moldavia e Georgia hanno chiesto di entrare nella Ue: perché bruciano le tappe e quali sono i rischi

Ucraina, Moldavia e Georgia hanno chiesto di entrare nella Ue: perché bruciano le tappe e quali sono i rischi
Ucraina, Moldavia e Georgia hanno chiesto di entrare nella Ue: perché bruciano le tappe e quali sono i rischi
di Francesco Malfetano
Venerdì 4 Marzo 2022, 15:12 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 10:02
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L'invasione dell'Ucraina, oltre all'aver causato una enorme tragedia umanitaria e all'aver portato il mondo sull'orlo di una nuova imponente guerra, ha scatenato una reazione a catena di segno esattamente opposto a quello caldeggiato da Vladimir Putin. È quella che ha spinto diversi Paesi dell'ex Unione Sovietica a bruciare le tappe per legarsi all'Unione Europea. In particolare gli occhi del Cremlino sono puntati sul destino di Moldavia e Georgia che ieri, dopo anni di tensioni e tentativi andati a vuoto o quantomeno a rilento, hanno avanzato richiesta ufficiale per entrare nei Ventisette.

Moldavia e Gergia, lo scenario

 

Il motivo? Lasciarsi definitivamente alle spalle lo sfarinamento culturale, sociale ed economico innescato dalla disgregazione dell'Urss, liberandosi dall'ingombrante influenza di Mosca. Soprattutto oggi - posto che il percorso dell'ingresso nella Ue è tutt'altro che rapido - il passaggio "accanto" a Bruxelles rappresenterebbe per questi Paesi la garanzia di una crescita economica (la Moldavia è il Paese più povero del Vecchio Continente) che fino ad oggi è decisamente un miraggio sia per Chișinău che per Tbilisi. E del resto il destino di questi Paesi è legato a doppio filo a Kiev, tant'è che appena il 17 maggio scorso, i tre rispettivi ministri degli Esteri (in foto) hanno siglato un accordo di cooperazione volto a tracciare un percorso di riforme e modernizzazione per favorire l’integrazione europea. Non è un caso se nelle rispettive capitali, si sono susseguite nei giorni scorsi numerose manifestazioni contro l'invasione in corso. 

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Alla luce di quanto sta avvenendo in Ucraina quindi, l'accelerazione attuale rappresenta un passaggio cruciale nello scenario geopolitico dell'est Europa perché le due giovani Repubbliche, nonostante una traiettoria di costante avvicinamento a Bruxelles e nonostante siano tra i Paesi più poveri della propria area, sono da sempre considerate strategiche dai russi. Tant'è che sui loro territori, nel corso degli anni, si sono verificate situazioni molto simili a quelle della Crimea e del Donbass ucraini. La Transnistria ad esempio è la regione moldava più orientale che prima, nel 1990, si è autoproclamata stato indipendente (mai riconosciuto dalla comunità internazionale) e poi, dopo aver goduto per anni della protezione del Cremlino, nel 2014 ha chiesto la sua annessione alla Federazione Russa. Non a caso secondo molti analisti e stando alla strategia rivelata inavvertitamente dal presidente bielorusso Lukashenko, nei piani di Putin attualmente ci sarebbe proprio quello di creare un "corridoio" che congiunga la regione alla Russia passando per il Donbass, la Crimea (e le sponde che la collegano alla terra ferma ucraina, con i militari moscoviti che hanno già conquistato Kherson) e, infine, Odessa.

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Se il piano si rivelasse veritiero e soprattutto riuscisse, Kiev avrebbe di fatto perso ogni sbocco sull'acqua, sia per il Mar Nero che per il Mar d'Azov. In altri termini, Putin, in un colpo solo stringerebbe ulteriormente la morsa attorno all'Ucraina e si avvicinerebbe al cuore dell'Europa. Un discorso molto simile riguarda la Georgia dove a seguito del conflitto del 2008, Abkhazia e Ossezia del Sud si sono dichiarate indipendenti grazie all'appoggio di Mosca. Hanno cioè iniziato ufficialmente ad orbitare attorno al sostegno russo che, oggi, si traduce principalmente nell'elargizione di sovvenzioni: debiti che qualora gli Stati decidessero di riannettere quelle regioni, il Cremlino chiederebbe di riscuotere. In altri termini la ridefinizione dei confini porterebbe a inevitabili nuove tensioni. 

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