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Stati Uniti: «Subito armi pesanti all'Ucraina». Putin minaccia «conseguenze imprevedibili». Kiev teme il nucleare

Le replica di Biden: «Li avevamo avvisati, non stiamo bluffando»

Mosca minaccia gli Stati Uniti: «Stop invio armi all'Ucraina, conseguenze imprevedibili»
​Mosca minaccia gli Stati Uniti: «Stop invio armi all'Ucraina, conseguenze imprevedibili»
di Claudia Guasco
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 15 Aprile 2022, 14:27 - Ultimo agg. : 16 Aprile, 09:43
7 Minuti di Lettura

Gli Stati Uniti intensificano l’invio di armi all’Ucraina, Mosca alza il tono delle intimidazioni allargandone anche il raggio. E il consiglio affinché vadano prese sul serio arriva dal presidente ucraino Volodimyr Zelensky, a capo di un Paese che da oltre cinquanta giorni resiste a un’invasione la cui crudeltà ha tenuto fede alle promesse. «Dobbiamo tutti essere pronti alla minaccia nucleare della Russia», mette in guardia in un’intervista alla Cnn. Secondo la previsione del segretario di Stato Usa Antony Blinken il conflitto potrebbe durare per tutto il 2022, moltiplicando i fattori di rischio di uno scontro tra superpotenze. «Siamo preoccupati dal possibile uso di armi nucleari, ma tutto il mondo dovrebbe esserlo, non solo l’Ucraina», riflette Zelensky.

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Questo timore, che da diversi giorni soffia su tutto l’Occidente, trae origine dalla nota diplomatica formale inviata in settimana da Mosca a Washington alla quale gli Usa hanno risposto con fermezza. «Avevamo avvertito la Russia che se avessero invaso l’Ucraina la risposta sarebbe stata senza precedenti. Come afferma Biden, le grandi nazioni non bluffano», rimarca il portavoce del dipartimento di Stato americano Ned Price. «I russi hanno detto alcune cose in privato, altre pubblicamente. Nulla ci dissuaderà dalla strada che abbiamo preso di sostegno all’Ucraina», aggiunge, precisando che «se l’accusa del Cremlino è che gli Stati Uniti e i nostri partner in tutto il mondo stanno fornendo miliardi di dollari di assistenza alla sicurezza ai nostri partner ucraini, allora siamo colpevoli». Nel dettaglio, il nuovo pacchetto americano di aiuti del valore di 800 milioni definito dal presidente Joe Biden durante una telefonata a Zelensky, sono compresi anche sistemi di artiglieria pesante da terra come gli obici, armi da fuoco che possono colpire fino a 70 km di distanza, i radar anti-artiglieria e quelli Sentinel per la difesa area oltre a elicotteri Mi-17 e a 300 droni suicidi Switchblade. Il tutto completato da un programma di addestramento, dato che finora dagli Usa è arrivato solo materiale di progettazione sovietica che l’esercito di Kiev è già in grado di utilizzare. Il Pentagono ha fatto sapere che «entro 24 ore» il primo carico arriverà «nella regione», senza ovviamente specificare dove. Gli Stati Uniti, assicura Biden che per motivi di sicurezza rinuncia alla missione a Kiev, «continueranno a fornire all’Ucraina le capacità per difendersi» e la consegna di materiale militare concordata «conterrà molti dei sistemi di armi altamente efficaci che abbiamo già fornito e nuove capacità adattate al più ampio assalto che ci aspettiamo che la Russia lanci nell’Ucraina orientale».

E proprio all’invio di armi «più sensibili» all’Ucraina Mosca ha replicato con le due pagine inviate a Washington nelle quali, in sostanza, Vladimir Putin fa sapere che ciò sta «aggiungendo carburante» al conflitto e potrebbe avere conseguenze «imprevedibili». È la minaccia russa al ricorso al proprio arsenale chimico e nucleare paventata dal presidente ucraino: si stima che, all’inizio di febbraio 2022, le testate nucleari possedute da Mosca siano poco meno di 6.000, di queste circa 4.477 utilizzabili e 1.588 già schierate e operative. I russi potrebbero decidersi a usarle perché, riflette Zelensky, «per loro la vita delle persone non vale niente». E non solo contro l’Ucraina. Oltre agli americani, afferma il Comitato investigativo russo, sono 24 i Paesi che armano Kiev, compresi 21 membri dell’Alleanza. «Facciamo appello agli Stati Uniti e ai loro alleati perché mettano fine all’irresponsabile militarizzazione dell’Ucraina, che comporta conseguenze imprevedibili per la sicurezza regionale e internazionale», sottolinea la nota ufficiale che accusa l’Occidente di non prendere in considerazione il pericolo che armi sofisticate finiscano nelle mani di quelle che Mosca definisce «forze radicali nazionaliste». Il Cremlino lancia anche un secondo avvertimento, questa volta alla Nato: «L’adesione di Svezia e Finlandia al Patto atlantico avrà implicazioni negative per la pace e la stabilità nell’Europa del nord», promette il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov, aggiungendo che entrare nell’orbita atlantica «non darà a Stoccolma ed Helsinki maggiore sicurezza».

E sono sempre più tesi inoltre i rapporti tra l’Unione europea e Mosca, che ha espulso 18 membri dello staff della rappresentanza della Ue in risposta all’analoga «azione ostile» presa da Bruxelles nei confronti di 19 funzionari russi. «Ci aspettiamo una stessa azione da Mosca che replichi alla nostra espulsione di 30 russi con passaporto diplomatico. Vedremo in che termini interesserà il nostro personale. Ma teniamo sempre aperto il canale diplomatico e una linea rossa per le evacuazioni di civili», dice il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annunciando che dopo un viaggio di «dieci ore» da Leopoli l’ambasciatore italiano Pierfrancesco Zazo «è appena tornato a Kiev e ha riaperto la nostra ambasciata, che sarà operativa da lunedì». Proprio nei pressi della capitale ieri le truppe russe hanno attaccato una fabbrica di missili, a dimostrazione che le intimidazioni verbali russe vanno di pari passo con le incursioni. Il portavoce del ministero della Difesa di Mosca Igor Konashenkov informa che missili Kalibr sono stati lanciati contro lo stabilimento Vizar, circa cinque chilometri a sudovest della periferia della città, «distruggendo gli impianti di riparazione di sistemi missilistici antiaerei a lungo e medio raggio e di produzione di missili anti-nave». E anticipa che «il numero e la portata degli attacchi missilistici a Kiev aumenteranno, in risposta a qualsiasi atto terroristico o sabotaggio in territorio russo» condotto dagli ucraini.

LE OPERAZIONI
Nelle ultime due settimane la morsa sulla capitale e i suoi sobborghi si è allentata, dopo il progressivo riposizionamento dell’esercito russo sul fronte sud-orientale del Paese. Mosca tuttavia ha deciso di spezzare di nuovo questo fragile equilibrio. La rinnovata pressione sulla capitale non ha rallentato le operazioni militari russe nel sud-est dove si registrano intensi attacchi missilistici da giovedì sera: nel Lugansk l’esercito nemico sta tentando di prendere il controllo degli insediamenti di Popasna e Rubizhne, in un solo giorno sono stati segnalati 26 attacchi in tutte le città contese, inclusa Severdonetsk, uno dei più grandi centri della regione ancora in mano ucraina. Si tratta di azioni, fa sapere la portavoce della difesa ucraina Natalia Humeniuk, che rappresentano la risposta all’affondamento dell’incrociatore Moskva. Un affronto che il Paese invaso sta pagando caro, dato che i russi hanno lanciato anche un attacco contro Mykolaiv con le bombe a grappolo vietate dalle convenzioni internazionali uccidendo cinque persone e ferendone quindici. 

 

È la guerra senza regole, che colpisce i civili nelle loro case e ammazza i fuggitivi mentre salgono sugli autobus che avrebbero dovuto portarli in salvo. È accaduto vicino al villaggio di Borovoy, nella regione di Kharkiv: «Secondo i dati preliminari, fino a dieci persone sono state uccise e 30 sono state ferite», comunica a Interfax-Ucraina Dmytro Chubenko, membro dell’ufficio del procuratore regionale di Kharkiv che ha aperto un’inchiesta. I fascicoli sui possibili crimini di guerra si affastellano, i racconti di chi ha visto l’orrore sono univoci e circostanziati. Tamara Senyushko, che dall’inizio del conflitto è in prima linea per portare aiuti e medicinali alla popolazione, è nella regione di Kiev, tra Kuhari e Pidhaine. «Qui non ci sono infrastrutture, obiettivi sensibili, aeroporti, ferrovie, fabbriche - racconta - Non c’è niente, ci vivevano contadini che coltivavano i loro campi, eppure nemmeno una casa si è salvata. Gli aerei russi si abbassavano fin quasi a terra e sganciavano le bombe colpendo abitazioni e stalle». A Kuhari Tamara ha fotografato un’auto accanto a una fermata dell’autobus completamente bruciata: «Chi era dentro è morto arso vivo, il cadavere è ancora lì. Hanno bombardato anche i piccoli cimiteri e la terra ha portato alla luce i cadaveri che ora sono alla vista di tutti. Come si può arrivare a tanto? Li hanno uccisi due volte».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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