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Putin ha «già deciso di usare le armi nucleari»: le indiscrezioni dell'analista Valery Solevey

Non mancano i dubbi sull'effettiva capacità dell'esercito russo di operare su un campo di battaglia nucleare. Secondo il politologo Francesco Sisci lo zar non è ancora sul punto di fare questo passo

Putin ha «già deciso di usare le armi nucleari»: le indiscrezioni dell'analista Valery Solevey
Putin ha «già deciso di usare le armi nucleari»: le indiscrezioni dell'analista Valery Solevey
di Fausto Caruso
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 7 Ottobre 2022, 11:19 - Ultimo agg. : 8 Ottobre, 07:00
5 Minuti di Lettura

«Putin ha già deciso di utilizzare le armi nucleari». È quanto afferma in un video rilanciato dal quotidiano britannico Daily Mirror l’analista politico russo Valery Solovey, secondo cui il leader del Cremlino starebbe per morire e intende portare il mondo con sé. Quella di Putin malato terminale è una retorica emersa più volte fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio e altrettante volte è stata smentita dai servizi di intelligence occidentali, soprattutto dalla Cia. «Sta fin troppo bene», aveva dichiarato il capo della Cia William Burns nelle settimane passate. Secondo Solovey, però, ad avallare l’idea che Putin sia gravemente malato ci sarebbe la decisione della Chiesa ortodossa russa di indire una giornata speciale di preghiera per sabato 8 ottobre, il giorno dopo il settantesimo compleanno dello zar. Se le voci fossero vere significherebbe che il presidente russo potrebbe davvero essere pronto a tutto per evitare la sconfitta.

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La situazione sul campo

Gli ucraini guadagnano terreno a Sud e nel Nord-Est. L’avanzata dell’esercito di Kiev ha già spinto più volte il leader del Cremlino a rivedere le dichiarazioni sugli obiettivi, che inizialmente prevedevano un cambio di regime a Kiev, poi solo la “difesa” e la “liberazione” del Donbass. Se la controffensiva dovesse continuare a questi ritmi Putin potrebbe presto trovarsi in una situazione in cui non avrebbe alcuna vittoria da reclamare, cosa che causerebbe la sua totale disfatta anche sul fronte interno. Spalle al muro, lo zar ha ancora due opzioni: la prima la sta già mettendo in atto con la mobilitazione “parziale” ordinata il 21 settembre. Le lentezze burocratiche del regime fanno però sì che questa proceda a rilento, senza contare l’ondata di malcontento popolare che sta causando in tutto il paese, con centinaia di migliaia di russi fuggiti oltre confine per evitare la coscrizione. Anche se il Cremlino riuscisse a migliorare la propria organizzazione, la mobilitazione non produrrebbe comunque effetti tangibili sul campo a breve termine: per dare un contributo concreto alla guerra gli uomini reclutati dovrebbero ricevere mesi di addestramento. Pare che invece in migliaia siano già sul fronte ucraino, ma mandati allo sbaraglio sono solo delle facili prede da uccidere o catturare per l’esercito ucraino.

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Putin sarebbe quindi pronto a valutare l’unica opzione rimasta: l’arma atomica, con tutti i dubbi e rischi che questo si porta dietro. «Sull’atomica Putin non sta scherzando, siamo più vicini all’Armageddon nucleare di quanto non lo fossimo con la crisi di Cuba del 1962», ha dichiarato il presidente americano Joe Biden. Secondo la Cia non ci sono indicazioni che Mosca sia già pronta all’uso di armi di distruzione di massa, una valutazione con cui il politologo Francesco Sisci si dice d'accordo: «Putin è pericoloso, ma è un calcolatore del rapporto rischi benefici. Inoltre, per attivare l'atomica occorrono anche controlli da parte dei generali: seppure Putin volesse suicidarsi col mondo intero non è detto che loro vogliano fare lo stesso».

Non mancano poi i dubbi sulla fattibilità materiale dell’operazione. Il rischio più concreto è che la Russia utilizzi armi nucleari tattiche, quindi a raggio d’azione ridotto: la domanda che gli analisti si fanno è se si tratterebbe solo di test dimostrativi sul confine o di un vero e proprio lancio in territorio ucraino. In nessuno dei due casi l’attuazione sarebbe facile come sembra a parole: lanciare un ordigno troppo vicino alla linea del fronte rischierebbe di coinvolgere nelle conseguenze anche l’esercito russo, che dalle difficoltà mostrate finora al livello organizzativo non viene ritenuto in grado di operare su un campo di battaglia atomico. Questo senza contare la furiosa risposta che sarebbe messa in campo dalla Nato. «Anche lanciandola lontano dal fronte, per esempio a Leopoli, ci sarebbe il problema del fallout nucleare che si allargherebbe ad altri paesi, anche non ostili alla Russia, come l'Ungheria», commenta inoltre Sisci. «L'arma nucleare tattica non è mai stata utilizzata e rappresenta un'incognita, ma non credo che siamo vicini a questa decisione».

Il cerchio magico scricchiola

Anche ammettendo che Putin abbandonasse le cautele, resta l’incognita sulll’atteggiamento che verrebbe tenuto dall’establishment russo. Analisti vicini al Cremlino avevano dichiarato nei giorni scorsi al Daily Mirror che l’elite russa sarebbe pronta a destituire Putin se optasse per andare fino in fondo, ma secondo Solovey si tratta di una vana speranza. «Non fatevi illusioni», ha detto, «Queste persone sono rassegnate al fatto che Putin farà questo primo passo».

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Rassegnazione o no, qualche movimento nel “cerchio magico” dello zar si comincia a vedere. Subito dopo l’inizio della mobilitazione parziale il leader ceceno e fedelissimo di Putin, Razman Kadyrov, era stato molto critico della situazione sul campo e aveva evocato a sua volta l’utilizzo delle armi nucleari tattiche. Il Cremlino aveva smentito le voci di un’escalation nucleare, ma Kadyrov è stato di recente promosso al grado di generale colonello, un modo per tenerlo allineato alle posizioni del leader. Il nome sui cui si scommette per l’eventuale colpo di stato è invece quello di Yevgeny Prigozhin, finanziatore della compagnia di mercenari Wagner, che sta avendo un ruolo preponderante nelle operazioni militari. Il gruppo ha annunciato ieri la creazione di un proprio canale Telegram, Peacekeeper, in cui condividere materiale video senza censure dai campi di battaglia. Secondo il report giornaliero del think thank americano Institute for the study of war, la decisione serve a Prigozhin per avere una propria voce ufficiale all’interno dello spazio informativo russo, in competizione proprio con Kadyrov e con i corrispondenti di guerra che Putin fatica sempre più a tenere dalla propria parte. Una risorsa del genere sarebbe molto utile per cominciare a diffondere messaggi che facciano leva sul già ampio malcontento popolare in una Russia stretta nella morsa delle sanzioni occidentali e spaventata dalla chiamata in massa alle armi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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