Qatargate, gli assistenti ricercati dai lobbisti e la zona grigia di Bruxelles

Sono considerati parlamentari ombra, trasversali ai gruppi, ricercati dai lobbisti

Qatargate, gli assistenti ricercati dai lobbisti e la zona grigia di Bruxelles
Qatargate, gli assistenti ricercati dai lobbisti e la zona grigia di Bruxelles
di Gabriele Rosana, da Strasburgo
Mercoledì 14 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 10:14
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Il badge che apre tutte le porte è per sempre. Al termine del mandato da eurodeputati, gli ex conservano il tesserino identificativo blu notte che continua a mantenere la propria validità senza scadenza. E a consentire loro di accedere liberamente ai palazzi dell’Eurocamera, a Bruxelles come a Strasburgo, senza doversi registrare né dover segnalare il proprio arrivo. Per gli ex ci sarebbe pure un ufficio “di passaggio”, ma è d’abitudine deserto. Meglio farsi vivi direttamente, talvolta senza essere annunciati, sull’uscio dei colleghi. È il destino degli ex europarlamentari diventati lobbisti, che attraversano le porte girevoli facendo leva sulla propria rete di contatti.

È così che, nei capannelli bipartisan di fronte all’aula plenaria, al termine del voto di mezzogiorno che ha destituito la greca Eva Kaili dalla vicepresidenza, c’è chi ricorda le chiamate con insistenza e le richieste di appuntamento da parte di Pier Antonio Panzeri.

Pressioni in particolare nei confronti di quegli eletti – molti italiani – che siedono nelle delegazioni parlamentari con i Paesi del Golfo e del Maghreb, o che si occupano, a vario titolo, di politica estera e diritti umani. 

 

IL VASO DI PANDORA

Insomma, l’inchiesta della magistratura belga scoperchia il vaso di Pandora di un Parlamento che è «fisiologicamente iper-penetrabile» (parola di un diplomatico di lungo corso), un sottobosco popolato da personaggi poco noti ai più. Da lobbisti e rappresentanti di interessi organizzati, anzitutto, la cui figura è disciplinata dal registro Ue per la trasparenza. Più che i deputati Ue, però, i loro interlocutori privilegiati, quando si abbandonano i convenevoli e si entra nel vivo della discussione tecnica, sono le schiere di assistenti e collaboratori parlamentari. Non semplici “portaborse” – come vorrebbe la vulgata –, ma veri e propri consiglieri politici spesso altamente specializzati sui dossier. E che all’Eurocamera costruiscono vere e proprie carriere, passando dagli uffici di diretta collaborazione degli eurodeputati, talvolta anche di diversa appartenenza politica (è prassi diffusa che siano reclutati direttamente a Bruxelles, senza arrivare dai territori) fino al segretariato del gruppo politico e, quindi, all’amministrazione del Parlamento. Insomma, non sorprende che, per il potere spesso accentrato, alcuni di loro vengano talvolta considerati degli eurodeputati-ombra.

E basta questo, adesso, ad alimentare i sospetti nei confronti degli “advisor” di fiducia. Ma accanto ai binari classici ci sono anche contatti meno trasparenti, che fuggono agli stessi obblighi di pubblicità. Sono i rappresentanti dei governi extra-Ue e gli agenti stranieri che si aggirano per i corridoi di Bruxelles e Strasburgo facendo leva sul loro status diplomatico per agire, sostanzialmente, nell’ombra. Un’abitudine diffusa che – il coro pressoché unanime dei gruppi politici – ora va accantonata: agli ambasciatori stranieri vanno applicate le stesse regole che valgono, ad esempio, per le associazioni industriali. Accanto alle lobby più o meno strutturate si espande anche tutto un universo di piattaforme informali che servono a fare rete, e che vengono attivate all’occorrenza. È il caso, ad esempio, del gruppo di amicizia con il Qatar, un raggruppamento di una dozzina di europarlamentari i cui nomi campeggiano ancora sul sito Internet dell’ambasciata di Doha a Bruxelles.

 

Costituito nel 2019, a inizio legislatura, tuttavia, non si sarebbe mai riunito né avrebbe svolto attività in concreto, anche se non sono mancati inviti a buffet da parte degli emissari qatarioti. Che a svariati parlamentari avrebbero pure promesso biglietti gratis per assistere al Mondiale. Ieri mattina il gruppo di amicizia è stato sospeso «finché non sarà fatta chiarezza sulla vicenda» delle presunte mazzette degli emiri, ha annunciato l’europarlamentare spagnolo José Ramón Bauzá, liberale, che era alla testa del raggruppamento. La vigilanza è alta, la cautela pure. «Non sappiamo chi potrebbe essere il prossimo» è il timore che corre fra le passerelle del bâtiment Louise Weiss. A Strasburgo il clima è teso, si ribadisce che le persone coinvolte sono «mele marce» e che non c’è alcuna struttura segreta e parallela che si muove all’ombra dell’Eurocamera.

Ma il timore che l’inchiesta possa allargarsi non lascia scampo. In tempi normali, la sessione plenaria di fine anno è la più attesa da funzionari e assistenti, complici i mercatini di Natale. Ma stavolta l’unica nota di colore (e a tratti stonata) sembrano darla i canti tradizionali di un coro della terza età dei Paesi Baschi e le arie (con tanto di Inno di Mameli) eseguite dalla società filarmonica narzolese di fronte alla parata delle bandiere. Per il resto, è tutto uno sgusciare via, occhi bassi e orecchie tese. 

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