Dieci milioni di dollari di gas in fumo ogni giorno. Mentre l'Europa arranca per i costi record dell'energia, la Russia brucia quotidianamente circa 4,34 milioni di metri cubi di Gnl nel suo impianto di Portovaya, vicino al confine con la Finlandia. Il dato, emerso da un'analisi della società norvegese Rystad Energy e condivisa dalla Bbc assieme ad un'immagine del satellite Copernicus in cui si evidenzia la radiazione infrarossa dalla combustione, conferma le immagini della Nasa già circolate all'inizio di agosto, dopo che Gazprom aveva ridotto al 20% la portata totale dei flussi verso la Germania attraverso il Nord Stream 1.
Gas, il ricatto di Mosca
La conferma del ricatto di Mosca, secondo vari analisti.
#Gazprom is targeting to start #Portovaya LNG production 1.5 Mtpa, storage and shipment complex at Baltic end of the year. Objective of facility: gas storage for Kaliningrad oblast and supply of #LNG fuel engines, #bunkering and gas https://t.co/n4nnfnnMtE
— REBDUK (@rebduk) April 22, 2022
Combustibile destinato all'export
Il combustibile in fiamme era probabilmente destinato all'export verso la Germania, non a caso Portovaya si trova vicino a una stazione di compressione che alimenta il Nord Stream 1. A giugno Gazprom aveva già ridotto al 40% la portata del gasdotto sottomarino prima di alcuni giorni di chiusura e poi una ripresa del 20% della sua capacità, ufficialmente per manutenzione e poi per problemi tecnici. E già da giugno, dopo un primo allarme di Helsinki, i team di ricerca avevano osservato un aumento significativo del calore emanato dallo stabilimento, che sorge a nord-ovest di San Pietroburgo . Sebbene la combustione di gas negli impianti di trattamento venga eseguita di solito per motivi tecnici o di sicurezza, in questo caso gli esperti hanno notato qualcosa di anomalo. «Non ho mai visto un impianto di GNL bruciare così a lungo. A partire da giugno abbiamo osservato questo enorme picco, che non è mai scomparso», ha affermato Jessica McCarty, dell'Università di Miami, specializzata in analisi di dati satellitari.
Per Mark Davis, amministratore delegato della società attiva nel settore del gas, Capterio, quanto sta avvenendo non può essere casuale. «Gli operatori sono generalmente riluttanti a chiudere un impianto - ha spiegato - perché il riavvio può essere costoso o tecnicamente complicato», e per questo bruciano il gas che non riescono a gestire piuttosto che fermare le attività. Ma ad essere preoccupati per le circa 9.000 tonnellate di Co2 rilasciate quotidianamente dalla combustione sono anche gli scienziati. Le conseguenze sui cambiamenti climatici potrebbero essere gravi, specialmente in questa regione prossima all'Artico, dove le particelle nere di fuliggine si depositano sul ghiaccio e sulla neve, accelerandone lo scioglimento. Putin insomma starebbe giocando non solo con i termosifoni degli odiati europei ma con qualcosa di molto più pericoloso.
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