Iraq e Libano, pronto il piano per evacuare i soldati italiani

Iraq e Libano, pronto il piano per evacuare i soldati italiani
Iraq e Libano, pronto il piano per evacuare i soldati italiani
di Cristiana Mangani
Domenica 5 Gennaio 2020, 10:25 - Ultimo agg. 10:33
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La prima indicazione arriva per chi viaggia: da ieri la Farnesina ha chiesto ai connazionali che intendono recarsi in Iran di «evitare ogni tipo di assembramento, di esercitare la massima prudenza e discrezione e di seguire le indicazioni delle autorità locali». Niente a che vedere con i consigli dettati agli americani, ai quali è stato suggerito di lasciare Teheran e Baghdad e tutte quelle zone dove la loro presenza, in queste ore di forte tensione, potrebbe essere a rischio.

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L'attacco Usa contro Qasem Soleimani ha finito per coinvolgere anche i contingenti militari italiani. La Difesa ha innalzato al massimo il livello delle misure di sicurezza nelle basi. E la decisione è arrivata anche se tra i due paesi i rapporti sono sempre stati cordiali. Ma nel momento in cui viene bruciata in piazza la bandiera statunitense e anche quella britannica, il rischio di una escalation che coinvolga tutti gli amici dell'America è molto elevato.
Così sono scattate le misure di sicurezza previste, e il ministero della Difesa ha deciso di sospendere la missione per la parte che riguarda l'addestramento delle truppe irachene. La decisione, che è stata annunciata da fonti militari tedesche, è stata presa da tutti i Paesi della coalizione anti Isis come misura precauzionale per proteggere i soldati che si trovano in Iraq nell'ambito dell'operazione Inherent Resolve. E riguarda, quindi, anche gli italiani. «Verrà comunque ripresa quanto prima, non appena la situazione si stabilizzerà», è stato ancora chiarito.
 

 

LE REGOLE
Le restrizioni decise in seguito al warning, prevedono uno stato di allerta generale. È già pronto un piano di evacuazione, anche se si tratta di una soluzione estrema per i nostri militari che sono in Iraq e in Libano, dove da due giorni la situazione è notevolmente cambiata. E allora per le nostre forze armate impegnate in questo momento nelle zone più ad alto rischio la Difesa ha disposto che vengano evitati al massimo gli spostamenti dalle basi, e che anche all'interno ci si muova con i giubbotti antiproiettili indossati e con le armi cariche.

Sono 34 le missioni italiane su 24 paesi: circa 5600 uomini che operano fuori dai confini nazionali. Ma è sull'Iraq, il Libano, l'Afghanistan, e gli Emirati, che è concentrata la maggiore attenzione. L'Italia ha un contingente di carabinieri a Baghdad (926 militari in tutto l'Iraq, più altri 14 presenti nelle missioni europee e Nato), con il compito di addestrare la polizia locale. Se le condizioni di sicurezza peggiorassero si potrebbe arrivare a decidere un loro rientro anticipato. Soprattutto per il contingente di truppe speciali che ha una base a Kirkuk. Anche perché le condizioni operative della cosiddetta Task Force 44 potrebbero peggiorare dopo l'attacco Usa, per la presenza diffusa delle milizie sciite.

Non meno a rischio la situazione in Libano, dove l'Italia ha il comando della missione internazionale Unifil (1.250 militari). «Ricordiamo che in Libano - spiega il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica - la situazione politica è a dir poco confusa, gli Hezbollah sono filo iraniani ed è ipotizzabile una ritorsione contro Israele che passa attraverso la Linea blu, dove sono schierati 12mila uomini delle Nazioni unite e un migliaio di italiani che hanno il comando della missione. E poi non dimentichiamo che abbiamo 800 addestratori proprio in Iraq e 300 militari in Libia, dove c'è un nostro ospedale».

LO SPAZIO AEREO
Se non bastasse, c'è un altro tema che sta agitando la politica italiana in queste ore. Riguarda la decisione americana di preallertare le proprie truppe di stanza a Vicenza, che potrebbero essere dispiegate a difesa dell'ambasciata Usa a Beirut, e da qui anche la possibilità di far partire gli aerei da Sigonella e dalle altre basi distribuite sul territorio. A questo proposito c'è chi arriva a chiedere una «revisione del Trattato del 1954 tra Usa e Italia», dove è stabilito che gli Stati Uniti possono utilizzare le basi anche in caso di conflitto previa autorizzazione del governo italiano. Un'autorizzazione ufficiale che, nella pratica, non viene mai richiesta.
 

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