Soldati russi in affanno per colpa della crisi demografica: in prima linea solo i poveri e i siberiani (ed è una lezione anche per l'Italia)

Il nome di battesimo più diffuso nell'elenco di feriti è Magomed, ovvero l'islamico Maometto in lingua daghestana

Soldati russi in affanno per colpa della crisi demografica: in prima linea solo i poveri e i siberiani
Soldati russi in affanno per colpa della crisi demografica: in prima linea solo i poveri e i siberiani
di Diodato Pirone
Lunedì 11 Aprile 2022, 12:25 - Ultimo agg. 23 Gennaio, 13:00
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Rostov è una città russa a un centinaio di chilometri a Est dall'ormai famosissima area metropolitana di Mariupol, difesa casa per casa dagli ucraini. Qui c'è uno dei perni delle retrovie militari russe.  Il 23 marzo l'ospedale di Rostov ha pubblicato un primo elenco di circa 150 militari russi feriti e in cura. Non poteva essere tenuto segreto ai genitori dei ragazzi, ma in quell'elenco c'è una informazione sensibile e importantissima: il nome di battesimo più diffuso, per più della metà dei nomi dei feriti, è Magomed, ovvero l'islamico Maometto in lingua daghestana. Che cos'è il Daghestan? È una Repubblica autonoma aderente alla Federazione Russa, si trova nel Caucaso e confina con la ben più nota Cecenia a Ovest e con il Mar Caspio a Est. I Daghestani sono in tutto appena tre milioni sui 144 milioni di abitanti dell'intera Federazione russa.

La prevalenza dei musulmani

Ma com'è possibile che fra i militari russi impegnati sul fronte del Donbass i Magomed siano più degli Ivan o degli Igor? La risposta è semplicissima: la Russia è da decenni in una gravissima crisi demografica.

Negli ultimi 10 anni la Federazione ha perso quasi 4 milioni di abitanti su 148, di cui un milione concentrato nell'anno passato a causa del Covid-19 molto diffuso per le basse vaccinazioni.

I poveri in prima linea

Non solo. I russi di etnia slava, concentrati nelle vastissime pianure europee, fanno pochissimi figli mentre le uniche popolazioni che dispongono di giovani in grande quantità sono i caucasici e i siberiani che, pur essendo "pochi" come numero assoluto, hanno un tasso di natalità molto più alto della media nazionale. Poi c'è un altro fattore che determina il profilo dei reparti che Mosca invia in prima linea: i russi europei dispongono dei redditi mediamente più alti della Federazione e vivono vicino ai centri di potere delle grandi città di Mosca e San Pietroburgo, mentre i caucasici o gli jacuzi della lontana Siberia sono fra i più poveri e vivono in piccoli centri privi di centri decisionali. 

Per daghestani e jacuzi (ma in realtà i gruppi etnici siberiani sono ben 40) l'esercito è quasi una strada obbligata per uscire da destini miserabili o da vite lavorative faticose e modeste. Per questo, come scrive un noto analista militare russo, Kamil Galeev, che lavora per un istituto di ricerca britannico il WilsonCenter, l'esercito russo è una struttura composta da giovani delle famiglie più povere e delle minoranze etniche.

I nomi dei caduti

Una controprova? Galeev fornisce l'elenco dei caduti reso pubblico dall'Oblast (una sorta di Regione)  di Astrakhan, un'area a Nord del mar Caspio dove gli strati più poveri della popolazione sono di etnia kazaka. I sette soldati deceduti in Ucraina provenienti dall'Astrakhan portano i seguenti nomi di battesimo: Arman, Ali, Termilan, Rysbek, Anwar, Aynur e Alexander. Come si vede, solo Alexander è riconducibile all'etnia russa. 

Secondo Galeev la composizione etnica-sociale delle forze armate russe è una delle ragioni, ma non la principale, della disastrosa performance dimostrata finora nella campagna ucraina. Secondo l'analista i soldati caucasici e siberiani non comprendono appieno il senso dell'invasione dell'Ucraina e meno che mai la necessità di "denazificare" i cittadini ucraini. La loro motivazione è modesta in quanto non avvertirebbero quel senso "imperiale" che invece fa parte della cultura nazionalista di buona parte della popolazione russa di etnia slava. Dunque non è azzardato sottolineare che il tramonto, o perlomeno l'affanno, della potenza russa è strettamente collegato alla sua crisi demografica. 

Una lezione anche per gli italiani

C'è una morale anche per noi italiani in questa storia? Forse sì, perché la guerra russo-ucraina sta facendo riemergere l'importanza strategica del fattore demografico. Un tempo si sarebbe detto che "il numero fa potenza". Sottintendendo la quantità di divisioni corazzate disponibili e delle falangi di fanteria al seguito. Oggi non è esattamente così, in tempi di rapida evoluzione tecnologica la qualità e la capacità del cosiddetto capitale umano sono fattori ancora più importanti. E tuttavia la demografia, i figli, tornano ad essere una leva essenziale per assicurare un futuro sicuro e pacifico ai popoli e agli stati. E' una lezione anche per noi italiani che di figli ne mettiamo al mondo pochissimi, persino meno dei russi.

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