Esattamente dodici giorni dopo la visita di Nancy Pelosi, l’isola di Taiwan ha dato ieri il benvenuto a un’altra delegazione politica americana. La presidente Tsai Ing-wen ha salutato i cinque leader Usa - un senatore democratico e quattro deputati bipartisan - ringraziandoli per il «forte sostegno» espresso con la loro presenza. Meno positivi i commenti degli analisti internazionali, che invece temono che il viaggio contribuisca a tenere alta la tensione con la Cina, già arrivata a livelli incandescenti per la missione della Speaker della Camera, la più alta carica del governo federale Usa a fare una puntata ufficiale a Taiwan da 25 anni a questa parte.
PROGRAMMA
Nonostante l’arrivo dei cinque politici americani abbia colto molti di sorpresa, il loro viaggio era in realtà programmato da vari mesi, come peraltro è un altro viaggio di altri deputati che avverrà prima della fine del mese. E anche loro, come prima Pelosi, non hanno voluto cancellare l’appuntamento per non dare l’impressione di indietreggiare davanti alla retorica aggressiva di Pechino. Per di più, i cinque sono impegnati in un viaggio di ampio respiro che comporta visite in altri Paesi dell’area Asia-Pacifico. A Taiwan in particolare il gruppo intende concludere colloqui da tempo iniziati sulle problematiche delle catene di approvvigionamento globali, i cui imbottigliamenti l’anno scorso hanno tanto contribuito all’esplosione dell’inflazione nei Paesi occidentali. Un altro tema aperto è quello dei semiconduttori, di cui Taiwan è uno dei produttori mondiali principali. Gli Usa hanno appena approvato una legge bipartisan per incoraggiare la produzione di chip in territorio nazionale, e i politici sperano di invogliare le industrie taiwanesi a investire in America. Si tratterebbe in teoria di argomenti di normale amministrazione, dello stesso tipo di cui i politici americani discutono a Taiwan da decenni, senza tanto clamore e senza che la Cina si arrabbi.
Il Partito Comunista Cinese considera Taiwan parte del suo territorio, nonostante non l’abbia mai controllata politicamente, e ha promesso da tempo di riunire l’isola con la Cina continentale, se necessario con la forza. Ultimamente Pechino ha accusato gli Stati Uniti di aver spronato le forze indipendentiste di Taiwan con la vendita di materiale militare. Secondo gli Usa ha solo scopo difensivo. Gli Stati Uniti continuano ad assicurare – l’ultima volta l’ha detto Joe Biden di persona al presidente Xi Jinping durante la loro conversazione via video – di non volere l’indipendenza di Taiwan, e di considerare ancora valida la politica dell’”Unica Cina”, con cui si riconosce diplomaticamente Pechino e non Taipei. Tuttavia Washington insiste che le divergenze con la Cina dovrebbero essere risolte con mezzi pacifici. Davanti alla nuova mobilitazione militare ieri, Kurt Campbell, un portavoce della Casa Bianca, ha lamentato che «la Cina abbia reagito in modo esagerato e le sue azioni continuino a essere provocatorie, destabilizzanti e senza precedenti». Campbell ha annunciato che anche gli Stati Uniti invieranno navi da guerra e aerei attraverso lo Stretto di Taiwan nelle prossime settimane.