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Ucraina, la fuga di Vika per tornare in Italia: «C'erano bombe e morte ovunque»

Era andata a Kherson dalla madre per aiutarla. Il marito, che aveva provato a raggiungerla, bloccato alla frontiera

di Michela Allegri
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 28 Marzo 2022, 07:06
3 Minuti di Lettura

È partita per l'Ucraina alla fine di febbraio, per assistere la madre che era stata appena operata. Quando Viktoria Ladchenko, è scesa dal treno, a Kherson, ha visto le bombe cadere dal cielo e i palazzi crollare, incandescenti, tra nuvole di polvere e di fumo. Viktoria, Vika per gli amici, vive in Italia da anni: è sposata con Marco e hanno un figlio. Abitano a Eboli, ma dall'inizio della guerra è rimasta intrappolata per un mese in Ucraina. Ora è riuscita a scappare: un viaggio durato 4 giorni, tra auto, traghetti, treni e tanta paura. Ed è tornata a casa, portando con sé la mamma.

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IL RACCONTO
Ora, da Eboli, racconta la sua storia: «Sono arrivata a Kiev il 23 ferraio e ho raggiunto Kherson il 24, proprio quando è scoppiata la guerra. Ricordo che mi ero addormentata in treno e quando ho aperto gli occhi ho visto i palazzi bruciare e fumo ovunque». Nelle orecchie, il rumore terribile delle esplosioni. «Quando sono scesa dal treno le persone correvano ovunque e hanno assaltato la stazione. C'era il panico, tutti gridavano. Io dovevo andare in ospedale da mia madre. Hanno fatto andare via tutti i pazienti, anche se non avevano finito di fare le analisi. Nessuno si aspettava che la guerra sarebbe scoppiata», dice Vika. Da quel giorno, per un mese, è rimasta intrappolata in Ucraina, «la città era occupata, era difficile uscire perché avevamo troppa paura, ci siamo rifugiate per giorni nei sotterranei e mia madre continuava a peggiorare. Ho deciso di rischiare e per fortuna è andata bene». Viktoria e la madre hanno pagato mille euro e, con un taxi improvvisato, sono riuscite a raggiungere Odessa. Sono partite da Kherson il 20 marzo e nel tragitto hanno dovuto superare cinque posti di blocco russi, con il cuore in gola. «Avevo paura che ci sparassero», ricorda. A Odessa, Vika e la madre hanno preso un treno per Izmail e sono arrivate il giorno successivo, il 21. Da lì, sono riuscite a raggiungere la Romania in traghetto. «Poi abbiamo preso un pullman per Bucarest, abbiamo viaggiato di notte», dice ancora Viktoria. Il 22 marzo, hanno preso un treno per l'Ungheria: Budapest. Sono arrivate il 23 alle 6 del mattino e hanno dovuto aspettare fino alle 19 per ripartire. Un pullman le ha portate a Milano. Lì, un altro treno le ha portate a Salerno, vicino a casa.
«Prima di partire ho avuto paura di non farcela - racconta Vika - intorno a noi le bombe cadevano e uccidevano le persone. Non c'era più da mangiare, non avevamo più soldi, non riuscivo più a trovare in farmacia le medicine che servivano a mia madre e lei non riusciva nemmeno più a camminare. Così ho capito che la nostra unica possibilità per sopravvivere era cercare di scappare». Finalmente è tornata a casa, dove ha riabbracciato il marito e il figlio.

 


IL MARITO
«Sono stati giorni di ansia tremenda - racconta Marco - All'inizio riuscivamo a sentirci continuamente, perché i telefoni funzionavamo. Ma dopo qualche giorno le linee sono saltate. Abbiamo trascorso intere giornate senza riuscire a comunicare. Io sono andato al confine e mi hanno bloccato: lasciavano entrare solo gli ucraini».
Del caso si erano occupati diversi politici italiani, in particolare Cosimo Adelizzi, deputato M5S, e la trasmissione televisiva Chi l'ha visto, che aveva accolto l'appello dei familiari. Viktoria aveva anche pubblicato un rete un video nel quale chiedeva aiuto: «Qui siamo sole e abbiamo paura, so che il popolo italiano non è un popolo di indifferenti, aiutateci a tornare, salvateci da questo inferno», diceva in lacrime.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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