Ucraina, a Kiev voglia di normalità: «Ma i rifugi sono pronti»

Su Google maps viene indicato dove si trovano i bunker antiaerei più vicini

Ucraina, a Kiev voglia di normalità: «Ma i rifugi sono pronti»
Ucraina, a Kiev voglia di normalità: «Ma i rifugi sono pronti»
di Cristiano Tinazzi
Martedì 15 Febbraio 2022, 00:18 - Ultimo agg. 13:16
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Come ci si prepara alla guerra? Come devono comportarsi i civili in caso di un attacco militare? Sono domande che in molti si stanno facendo in questo periodo in Ucraina, soprattutto in regioni dove la guerra portata dai russi e dai loro alleati interni nel 2014, non è mai arrivata. E le reazioni sono differenti: c’è chi ha paura e pensa a come organizzarsi con i propri familiari per andare via il prima possibile, c’è chi invece ha già pronta un’arma in casa per difendere se stesso e il proprio Paese, c’è chi invece aspetta, perché è convinto che alla fine, succederà poco o niente. E poi ci sono i giovani soldati al fronte, che già sanno che potranno morire sotto il fuoco nemico. Ma la verità è che nessuno riesce a immaginare cosa potrà accadere nel breve termine, e c’è una sorta di fatalistica attesa. 

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I bunker segreti

Il comune di Kiev, intanto, ha predisposto la mappatura di migliaia di rifugi e bunker antiaerei e su Google map gli abitanti della Capitale possono verificare dove si trovano i ripari più vicini e anche altre informazioni su ospedali e ricoveri di emergenza.

Uno di questi bunker antiaerei si trova proprio sotto la stazione centrale di Kiev. Superato l’ingresso, prima delle enormi scalinate che portano ai binari, sulla sinistra, c’è l’accesso a un lungo corridoio che porta a un luogo particolare. «È stato costruito nel 1955 e può resistere a bombardamento aereo o nucleare - spiega Valeriy Pozeluyko, capo specialista del dipartimento di protezione civile dell’amministrazione del distretto di Solomnaisky. «In questo luogo si trovano scorte di cibo e acqua per circa centotrenta persone per due giorni, perché questo è un bunker con un differente livello di sicurezza rispetto agli altri. In quest’area di bunker simili ne abbiamo 74 e in tutta Kiev saranno circa un migliaio».

Questi rifugi antiaerei non sono segnati sulla mappa, è inutile cercarli, sono noti solo a chi deve essere informato, perché non sono destinati ai normali civili ma a personale specifico. Nel lungo corridoio sotterraneo adiacente al bunker c’è spazio per un altro migliaio di persone.

Ana potrebbe essere una di quelle. È una pittrice e ha uno studio in un vecchio edificio poco vicino alla stazione. Giovanissima, ha partecipato a Maidan quando aveva quindici anni. «Non mi sento preoccupata e non voglio esserlo. Non voglio ascoltare le notizie, perché se lo facessi sarei nervosa tutto il tempo. E vedo che le persone che mi stanno attorno e ascoltano le notizie, specialmente adesso, stanno pensando di lasciare il Paese. So cosa sta succedendo, ovviamente». A Kiev non c’è la guerra, ma sembra che ci sia. C’è una guerra di informazione, c’è una guerra di opinioni, di sensazioni, di sentimenti, di paure.

Le storie

«Ho i nonni, ho la famiglia, non voglio fermare la mia vita di tutti i giorni per iniziare a pensare a come posso salvare tutti, se e quando decidere di partire. È una cosa durissima da pensare, quindi ci voglio pensare solo se questa evenienza si verificherà», dice Michele Lacentra, chef del ristorante “Il siciliano”, anche questo a due passi dalla stazione. Nato a Winthertur, in Svizzera, ma cresciuto in Veneto, Lacentra sorride quando si parla della guerra: «Io la vivo tranquillamente, senza particolare ansia. Qui la vita si svolge normalmente, i locali e i negozi sono aperti e pure il nostro ristorante. Mi arrivano continuamente messaggi preoccupati da parenti e amici dall’Italia, ma cerco di rassicurarli che è tutto come prima, che non è ancora cambiato nulla. Se succedesse qualcosa, a me e a mia moglie hanno consigliato di andare in metropolitana, perché sono state costruite alla fine degli anni cinquanta e sono molto profonde. Qui accanto, per esempio, c’è la fermata di Arsenalna che è la più profonda del mondo, oltre 100 metri. Più di così...» Fabio Doria, di origini calabresi, a Kiev da un paio di anni, si occupa di import-export di prodotti italiani. Vive in città con la sua compagna e non sembra particolarmente preoccupato degli eventi. «In televisione qui ne parlano ma in maniera contenuta - dice - si parla di politica e di quello che sta avvenendo, ovviamente, ma i toni sono molto più pacati. Speriamo che non accada nulla, perché poi a rimetterci è solo la gente comune».

 
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