Ucraina e Russia, quali conseguenze da una guerra? Il rischio di un'escalation mondiale dalla Cina a Taiwan

Le ripercussioni mondiali che potrebbero insorgere dal conflitto

Ucraina e Russia, quali conseguenze da una guerra? Il rischio di un'escalation mondiale dalla Cina a Taiwan
Ucraina e Russia, quali conseguenze da una guerra? Il rischio di un'escalation mondiale dalla Cina a Taiwan
di Gabriele Rosana
Martedì 25 Gennaio 2022, 10:06 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 00:52
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Grandi manovre militari a est, mentre sale la tensione legata a una possibile invasione della Russia in Ucraina. L’Europa corre ai ripari temendo possibili rappresaglie nelle forniture di gas già sotto il livello di guardia - quelle russe rappresentano il 40% del fabbisogno del continente - e attacchi ibridi ai suoi sistemi informatici, mentre gli Stati Uniti potrebbero ricalibrare il loro impegno militare dai focolai di guerra del Pacifico di nuovo verso il Vecchio continente. Oggi le diplomazie continuano a trattare, tra Parigi e Bruxelles, per evitare l'escalation e un tracollo energetico dell’Europa. 

Ucraina, la Nato rafforza la difesa

I Paesi della Nato ieri hanno mostrato i muscoli, inviando navi e caccia sul fronte orientale «per rafforzare la nostra capacità di deterrenza e di difesa, mentre la Russia continua ad aumentare la propria presenza militare dentro e fuori l’Ucraina». I venti di guerra piegano le Borse europee (ieri chiusura in negativo di tutte le principali piazze continentali) e creano un clima da allerta massima fra tutti i principali leader occidentali, riuniti nella tarda serata di ieri in videocollegamento da Joe Biden. A voler scorrere i nomi degli interlocutori dell’incontro fuori programma, del resto, l’emergenza è palpabile: ci sono la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, quello del Consiglio europeo Charles Michel, ma anche vari leader nazionali, da Mario Draghi al tedesco Olaf Scholz, dal francese Emmanuel Macron al polacco Andrzej Duda, fino al britannico Boris Johnson e al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Unità europea e transatlantica», assicurano i resoconti del confronto, anche se da una parte l’Alleanza flette i muscoli e dall'altra l'Unione europea tenta ancora la carta del dialogo con Mosca. 

Gli Stati Uniti

A Washington il tema di un dispiegamento di forze speciali in Europa sotto il comando Nato è stato al centro di un confronto tra il dipartimento di Stato, il Pentagono e il presidente Joe Biden: fino a 8500 le unità che gli Usa potrebbero mobilitare. Un ritorno non previsto sul campo europeo per l'agenda estera dell'amministrazione Biden in un momento in cui le tensioni nel quadrante asiatico - la priorità numero uno da quando il presidente democratico si è insediato alla Casa Bianca - non mancano. Taiwan, il principale produttore al mondo dei microchip essenziali per le industrie ad alta tecnologia - dalle automobili alla difesa - continua ad avere il fiato di Pechino sul collo e ha appena accusato la Cina di aver condotto la più grande incursione aerea nei suoi cieli degli ultimi mesi, mentre la Corea del Nord torna a lanciare con regolarità missili balistici per provocare Washington. Da inizio gennaio, il regime di Kim Jong-un ha sparato lo stesso numero di missili di tutto il 2021. 

Gli equilibri a Oriente

Insomma, gli equilibri a Oriente non promettono nulla di buono mentre le cancellerie occidentali sono occupate a scongiurare la crisi russo-ucraina.

D'altro canto, a proposito dei riflettori che tornano in Europa, Nato e Usa hanno iniziato una serie di attività di pattugliamento nel Mediterraneo nel quadro di un'esercitazione pianificata da tempo. È la prima volta dalla Guerra Fredda che una portaerei statunitense, la Harry Truman, passa sotto il comando dell'Alleanza, fanno sapere dalla Nato. La tempesta perfetta si intreccia con il dossier energetico e il rally dei prezzi del gas che tiene in ostaggio l’Europa dallo scorso autunno (ieri l’indice di riferimento Ttf ha fatto segnare un balzo dell'11%). L'allarme sulle scorte sotterranee di gas che continuano a scendere sotto il livello di guardia del 50% è alto: con lo scenario di crisi che si infiamma, le diplomazie sono al lavoro per individuare forniture in grado di sostituire i volumi di gas russo a fronte della drastica riduzione delle vendite giornaliere sul mercato spot da parte di Gazprom e al rischio di nuove sanzioni contro Mosca che colpirebbero anche i rubinetti. Oggi si riunisce il Consiglio della Nato per parlare di sicurezza energetica del continente e di soccorso all'Europa per allentare la morsa dei rincari: all'incontro parteciperà pure la commissaria Ue all'Energia Kadri Simson, che ha avviato contatti con i partner alla ricerca di gas per l’Europa, in preparazione alle due missioni che la settimana prossima la vedranno prima in Azerbaigian e poi negli Usa. Ieri von der Leyen ha assicurato che l’Ue lavora a piani di risposta a eventuali minacce russe «dall’energia alla cyber-sicurezza». 

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Il rimpatrio dalle ambasciate

Sullo sfondo, le operazioni di rimpatrio dei familiari del personale dell’ambasciata a Kiev annunciate dalle autorità statunitensi, seguite a ruota anche anche da Australia e Regno Unito. Londra, in particolare, ha evacuato pure alcuni funzionari citando la «minaccia crescente» di Mosca in Ucraina. La pazienza comincia a esaurirsi di fronte alle oltre 100mila truppe che Mosca ha ammassato al confine orientale dell'Ucraina e ai timori, rilanciati ieri dal premier britannico Boris Johnson, di «un’operazione militare lampo» ordinata dal Cremlino che avrebbe come obiettivo la presa di Kiev. Ieri era stato il capo dell’Alleanza Atlantica a mettere in chiaro che «la Nato continuerà a prendere le misure necessarie per proteggere e difendere tutti gli alleati», rafforzando la presenza a est, «non una minaccia nei confronti della Russia, ma una risposta proporzionata a quanto accade in Ucraina». La Danimarca, ad esempio, ha disposto l’invio di una fregata nel Mar Baltico e di quattro caccia in Lituania, la Spagna è pronta a mandare unità navali nel Mar Nero e, come i Paesi Bassi, aeree in Bulgaria, mentre la Francia invierebbe truppe in Romania. 

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Il segnale dell'Ue alla Russia

La deterrenza militare è accompagnata anche dalla pressione politica: ieri a Bruxelles i ministri degli Esteri dell’Ue (assente Luigi Di Maio, rimasto in Italia per la partita del Quirinale) hanno mandato un chiaro segnalo alla Russia e accelerato la messa a punto di nuove sanzioni, che sarebbero già pronte in caso di aggressione. «Se la diplomazia fallisce siamo pronti a reagire con un'azione veloce, determinata e unitaria», ha detto l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell, invitando Mosca a stoppare l’escalation e a tornare al dialogo, linea sostenuta trasversalmente dalle capitali, da Roma a Berlino. La Commissione europea ha anche stanziato un nuovo pacchetto di aiuti finanziari per Kiev del valore di 1,2 miliardi di euro: «L'Ucraina è uno Stato libero e sovrano. L'Ue è al suo fianco», ha annunciato von der Leyen. Al vertice delle cancellerie europee c'era, in videoconferenza, anche il segretario di Stato americano Antony Blinken, che non è tuttavia riuscito a convincere i colleghi europei a disporre l'evacuazione delle rispettive ambasciate: «Non credo ce ne sia alcun bisogno», ha commentato Borrell al termine, confermando invece la possibilità concreta di avere un summit d'emergenza dei ministri Ue a Kiev. 

L'incontro a Parigi

Oggi, intanto, le diplomazie di Russia, Germania, Francia e Ucraina tornano a incontrarsi a Parigi nel formato Normandia. A Berlino invece si vedono Macron e Scholz. A giudicare dalle dichiarazioni, per ora il muro contro muro non si infrange: per il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov Nato e Usa starebbero semmai aumentando le tensioni con «annunci isterici». Intanto il dittatore della Bielorussia Aleksandr Lukashenko ha confermato che se la temperatura sale appoggerà le truppe di Vladimir Putin: in risposta al dispiegamento di forze Nato, Minsk si dice pronta a «mandare un intero contingente» al confine.

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