Carabinieri infedeli al soldo del boss. Un «patto scellerato» per ottenere soffiate che permettevano di chiudere brillanti operazioni, in cambio di una quota della droga caduta in sequestro. Un quadro inquietante, quello ricostruito dall'accusa nel corso del lungo e complesso processo che ora si avvia alla conclusione e che vede un ex appuntato, un ufficiale ed un maresciallo dell'Arma imputati per concorso esterno in un'associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata al traffico di droga.
A Torre Annunziata, nel periodo 2008-2009, era in corso una sanguinosa faida di camorra e il clan Gionta era all'apice della forza criminale. Alle spalle, nella vicina Boscoreale, Franco Casillo «'a vurzella» si era imposto come il «padrone» della piazza di spaccio più importante della provincia. Un'alleanza che permetteva di far girare ogni giorno milioni di euro, soldi illeciti, con i quali il boss del narcotraffico aveva costruito un intero quartiere residenziale a Vitulazio (Caserta), disponeva di auto di lusso e barche, ma soprattutto è l'accusa dell'Antimafia riusciva a corrompere anche le forze dell'ordine. Tre carabinieri ora rischiano una pesantissima condanna.
Il pm Ivana Fulco ha chiuso la sua lunga e complessa requisitoria chiedendo la condanna a quindici anni ciascuno di carcere per l'allora maggiore Pasquale Sario (oggi tenente colonnello dell'Arma) e per il maresciallo Gaetano Desiderio, e addirittura a diciotto anni di reclusione per Sandro Acunzo, ex appuntato già congedato dopo una condanna del tribunale militare.
Ancora, tra le accuse più gravi, la consegna a Casillo di una parte di un carico di cocaina sequestrato nel porto di Napoli: il tutto è stato ricostruito grazie a comunicazioni «sbagliate» del peso della droga, al trasporto del carico in un luogo diverso e ad una conferenza stampa.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout