Angela Celentano, giallo senza fine: «Sentito l’uomo sbagliato»

Il gip dispone un supplemento d’indagine sulla “pista turca” seguita invano nel 2009

Il giallo di Angela Celentano
Il giallo di Angela Celentano
di Dario Sautto
Lunedì 16 Gennaio 2023, 23:57 - Ultimo agg. 18 Gennaio, 07:59
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Una pista già percorsa e scartata quattordici anni fa, una nuova denuncia, una perizia elettronica, l’inchiesta parallela già archiviata da due anni e l’altra speranza appesa a un filo. Sono trascorsi ventisei anni e mezzo dalla scomparsa di Angela Celentano, ma il giallo della bimba di Vico Equense svanita nel nulla il 10 agosto 1996 sul monte Faito continua ad arricchirsi di nuovi capitoli. Stavolta, un supplemento di indagini è stato ordinato dalla giudice delle indagini preliminari del tribunale di Napoli, Federica Colucci, che si è opposta alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura distrettuale antimafia sulla cosiddetta «pista turca», disponendo un approfondimento su alcuni documenti e chiarimenti sull’identità di un uomo.

Questo filone investigativo era già stato percorso e archiviato nel 2009, ed è ripartito nel 2021, dopo la denuncia presentata da Vincenza Trentinella, una blogger che da anni sui social sostiene di aver fotografato Angela Celentano in Turchia.

Il suo racconto – al limite dell’inverosimile – parte dalla confidenza che le avrebbe fatto un sacerdote, tale don Augusto, che prima di morire le avrebbe raccontato un segreto raccolto in confessione. Secondo la sua tesi, Angela si troverebbe sull’isolotto di Buyukada, in Turchia, dove sarebbe arrivata tramite un’adozione illegale, forse venduta da qualcuno vicino alla famiglia Celentano. La blogger si sarebbe recata di persona in Turchia per incontrare un veterinario, presunto padre adottivo di Angela: a corredo della sua denuncia ci sono foto di una ragazza e un video, ma anche le impronte digitali di quell’uomo. «L’ho incontrato fingendo di voler adottare un gatto» dice Vincenza Trentinella.

La pista turca era stata battuta già nel 2009 senza successo, quando gli investigatori italiani si recarono a Buyukada. Due anni fa, però, la nuova denuncia ha portato alla riapertura del fascicolo da parte della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli (procuratrice Rosa Volpe, sostituto Giuseppe Cimmarotta) che ipotizza contro ignoti il reato di riduzione in schiavitù. È stata disposta una perizia elettronica eseguita dalla polizia scientifica grazie alle ultimissime tecnologie in dotazione (quelle utilizzate anche per ricostruire il volto di Matteo Messina Denaro) che hanno escluso categoricamente che la ragazza filmata e fotografata in Turchia sia Angela Celentano: la carnagione è più scura e i tratti somatici non corrispondono. Inoltre, il suo atteggiamento sembra tranquillo, rilassato, non di una adulta che ha subito il trauma di essere strappata alla sua famiglia naturale.

La Procura quindi si è espressa per l’archiviazione. Secondo il gip, però, ci sono delle imprecisioni sull’identità del veterinario, presunto padre adottivo di Angela: anziché perquisire l’abitazione di Fahfi Bey, nel corso delle indagini gli investigatori sarebbero stati a casa del collega Fahri Dal, che esercita la professione di veterinario nello stesso studio. Di qui la richiesta di ripetere gli accertamenti, questa volta su Fahfi Bey. Dal canto suo, la famiglia Celentano tramite l’avvocato Luigi Ferrandino attende sviluppi, ma segue con maggiore attenzione la nuova pista sudamericana: lì ci sarebbe una forte somiglianza tra la donna identificata e la ricostruzione fotografica di come dovrebbe essere oggi Angela, ormai trentenne, ma anche il dettaglio del neo, sostanzialmente identico per forma e posizione a quello della bambina. «Stiamo cercando di acquisire materiale biologico per poi eseguire il test del dna» dice Ferrandino.

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Nel frattempo, nel giugno 2020 è arrivata l’archiviazione dell’inchiesta sulla scomparsa di Angela, coordinata dall’aggiunto Pierpaolo Filippelli, all’epoca alla Procura di Torre Annunziata. Un’indagine che aveva ripercorso tutte le altre piste – a partire da quella messicana su Celeste Ruiz, ennesimo buco nell’acqua, che era stata alimentata da un ragazzino con la passione per le storie noir – fino a tornare all’ipotesi iniziale, che portava al contesto familiare; ma non era stato «possibile risalire al responsabile della scomparsa», forse nel frattempo addirittura deceduto. Alla richiesta della Procura, il gip del tribunale oplontino ha disposto l’archiviazione e apposto il sigillo del segreto sul fascicolo, alimentando il giallo e nuove piste, spesso frutto di segnalazioni di mitomani.

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