Eroe, sostantivo maschile singolare: colui che «di propria iniziativa e libero da qualsiasi vincolo, compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune». Una definizione che Lugi Maiello, comandante della polizia locale di Pomigliano d’Arco, sotto scorta per le minacce di morte, rimanda al mittente.
«Se fare il proprio lavoro è un sacrificio straordinario, non mi ci ritrovo», mormora a bassa voce nel corridoio del Tribunale di Napoli, dove ieri si doveva svolgere l’udienza di rinvio a giudizio per Antonio Moccia, “mente” dell’omonimo clan, accusato di calunnia aggravata dal metodo mafioso nei suoi confronti.
«Sono tranquillo e sereno – racconta Maiello – mi secca solo che per questa sequenza di esposti sono costretto a fare il tour di force tra le varie procure e tribunali, senza contare le ripercussioni pratiche sul mio lavoro e non ultimo l’esborso economico per le spese legali che tutto questo comporta». Un perfido lavoro ai fianchi che arriva da Casal di Principe, Casoria, Afragola, Crispano, Sant’Anastasia, Cercola, Nola, Castelvolturno, Pomigliano, Arzano e Marano, tutti comuni ad alta intensità di camorra dove Luigi Maiello ha svolto le funzioni di comandante e in qualche caso il ruolo di subordinato nelle commissioni d’accesso. Ma perché tanto odio? Luigi Maiello è l’unico comandante di polizia locale, stando alle carte, che ha svolto indagini su ben quindici clan, consentendo alla magistratura di procedere a sequestri di beni per oltre sessanta milioni, e di far scattare decine e decine di interdittive antimafia per aziende inserite in quella “terra di mezzo”. Se ne accorsero gli affiliati al clan Panico di Sant’Anastasia, che nel 2006, dopo la chiusura e il sequestro dei loro beni, scattati dopo le indagini di Luigi Maiello, gli piazzarono una bomba sotto casa. L’attentato fallì solo grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. La camorra che scimmiotta la mafia, battuta e scornata, si è poi vendicata a spizzichi con una ventina di raid, anche con kalashnikov, facendo il tiro a bersaglio a notte fonda contro la sua abitazione.
D’altronde a fargli la guerra non hanno rinunciato neanche le istituzioni locali, quelle sulle quale aleggia la nebbia delle collusioni: a spulciare negli atti dei Comuni in cui Maiello prestava servizio si trovano una quarantina di interrogazioni consiliari, e addirittura due depositate in Parlamento di quando il comandante dirigeva la polizia locale di Afragola. «Cerco di fare solo il vigile urbano», insiste lui: «Il fatto è che la criminalità organizzata identifica come nemici le forze dell’ordine e la magistratura, antimafia compresa. Non i vigili urbani. Ma quando le nostre indagini amministrative arrivano a colpire come un maglio pesante, scatta la rabbia della camorra. Come è accaduto al mio amico Biagio Chiariello, che con le sue indagini amministrative ha dato il la alla decimazione del clan 167 di Arzano. Anche se questo lo costringe a vivere sotto scorta». Attualmente Luigi Maiello ha in corso, come parte lesa, una ventina di processi per diffamazione e calunnia. Una decina tra imprenditori, amministratori e camorristi sono stati già condannati in primo grado. Non pensa mai ad arrendersi, a fare altro? «E perché?», risponde: «Faccio solo il vigile urbano».