Cosa resta di don Riboldi e dei suoi ragazzi che sfidarono la camorra? Se lo è chiesto il caporedattore de Il Mattino Pietro Perone nel suo libro Don Riboldi, il coraggio tradito, presentato ieri ad Acerra a quarant'anni da quella storica marcia nella patria del capo dei capi Raffaele Cutolo ed a cinque anni dalla morte dell'indimenticato vescovo brianzolo. Insieme a lui monsignor Antonio Di Donna, vescovo della locale diocesi e presidente dei prelati campani, il magistrato Libero Mancuso e il docente universitario Isaia Sales. Ma non i politici e le istituzioni locali che brillavano per la loro assenza, tranne il vicesindaco, alla prima delle giornate dedicate dalla diocesi ai cento anni dalla nascita di don Riboldi.
«Fu una stagione di coraggio, ma quel coraggio è stato tradito dalla politica. Oggi è peggio di allora: la camorra è cambiata, ma non è meno forte di prima e le istituzioni non sono rimaste indenni dalle infiltrazioni criminali in questi 40 anni. Ricordare quella lucida follia di sfidare la criminalità serve a poco se non si mette in pratica l'eredità lasciata da don Riboldi» spiega Perone, testimone diretto di quell'epoca di ribellione al potere criminale. E qui ad Acerra il tradimento a don Antonio e ai suoi ragazzi lo respirano ancor più forte che altrove. Qui le ecomafie hanno riempito i fertili terreni di rifiuti tossici, mentre si pensava di aver vinto sulla criminalità, ma anche di aver disatteso quel futuro immaginato dal battagliero prelato ed i suoi studenti liceali. «Riboldi ha vinto contro i camorristi che lo hanno cercato e invocato come pastore, non contro i politici che gli avevano promesso per Acerra un altro tipo di sviluppo, mai arrivato» denuncia Perone. Il sogno ventennale dell'insediamento del polo pediatrico del Mezzogiorno è naufragato in favore della realizzazione dell'unico inceneritore della Campania, ritenuto incompatibile con una struttura sanitaria.
«Don Riboldi è stato anzitutto un pastore, un vescovo, che ha guidato il suo popolo. Un difensore della città, un profeta perché ha saputo dare speranza ai poveri, il cui insegnamento deve proseguire. Bisogna creare dei punti di ascolto per cogliere le trasformazioni della camorra, per sconfiggere l'humus mafioso ed educare i giovani insieme alla scuola e alle associazioni. C'è bisogno di una nuova resistenza che tuteli il creato dalle ecomafie, ma anche di un patto tra le istituzioni per contrastare il malaffare con l'istituzione di un osservatorio» auspica monsignor Antonio Di Donna. «Ci volevano uomini visionari e giovani coraggiosi e sfrontati per sfidare la camorra. Il libro ricorda cose che allora scontate non erano, oggi resta la consapevolezza che la criminalità si può sconfiggere. Dopo Riboldi, la Chiesa non è stata più la stessa» spiega Sales. «Si era creata una grande attesa indubbiamente tradita dalla politica che non ha dato il sostegno che quella generosa mobilitazione meritava» incalza Mancuso.
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