Giovan Giuseppe, l'uomo salvato dal fango a Casamicciola: «Un muro nero, credevo di morire»

L'idraulico è ricoverato al Cardarelli: trauma da schiacciamento

Il salvataggio di Giovan Giuseppe Di Massa
Il salvataggio di Giovan Giuseppe Di Massa
di Massimo Zivelli
Domenica 27 Novembre 2022, 00:02 - Ultimo agg. 28 Novembre, 07:27
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È un anziano artigiano di Casamicciola, quello che tutti hanno battezzato «l’uomo di fango» e che fino a questo momento resta l’unico, vero miracolato di questa nuova tragedia che si è abbattuta sull’isola. Giovan Giuseppe Di Massa, di professione idraulico, è riuscito a resistere al fiume di acqua, fango e pietre che lo ha improvvisamente travolto e trascinato per metri e metri, sballottandolo alla fine nella cavità di un seminterrato dove ha rischiato di finire annegato.

Sono stati un carabiniere (che durante il salvataggio si è procurato una profonda ferita) e alcuni vigili del fuoco a trarlo in salvo, mentre qualcuno con uno smartphone girava un video che ha fatto rapidamente il giro del web finendo poi in tutti i telegiornali del mondo. Soccorso e portato all’ospedale Rizzoli, l’anziano è stato poi trasferito in eliambulanza al Cardarelli, a causa di lesioni interne all’addome dovute a trauma da schiacciamento.

«Ero preoccupato da tutta quella pioggia - ha raccontato ai soccorritori - così mi sono vestito e in piena notte sono uscito per andare a controllare che non ci fossero danni nel terreno e nel casale di mia proprietà. È successo tutto in un attimo, prima una sequenza di boati e poi una muraglia nera che mi si è parata davanti: ho provato ad aggrapparmi a qualcosa, ma sono stato travolto e ho preso colpi dolorosissimi su tutto il corpo. Nella testa la paura che tutto stesse per finire. Ma qualcuno mi ha afferrato e portato sulla strada». 

 

«La situazione lassù è davvero difficile, mai visto niente di simile.

La nostra squadra ha lavorato 4 ore per aprire un passaggio e adesso altri colleghi tentano di avvicinarsi alle case sepolte dal fango. Sì, ci sono case sepolte dalla frana e a quest’ora ancora si fa fatica ad avvicinarsi. Temo che per chi è rimasto là sotto non ci sia più niente da fare», racconta un vigile del fuoco, mentre si concede una breve pausa e una bevanda calda. È questo senso di impotenza che racconta il dramma “doppio” vissuto nella giornata di ieri. La misura la dà, sulla pelle di chi ha vissuto entrambi gli eventi, il paragone con quanto accaduto con il terremoto del 2017. A tre ore di distanza dal sisma di quel 21 agosto si aveva infatti già contezza non solo della gravità dei danni ma cosa assai più importante, delle perdite umane. Questa volta invece, ancora a 24 ore di distanza dall’evento, non si è riesciti a stabilire quanti, dei 13 o più dispersi, siano purtroppo deceduti.

Fin dall’arrivo dei primi soccorsi in zona si era capito infatti che questa volta le operazioni di ricerca e salvataggio sarebbero state assai più lunghe e complesse. Se parenti e conoscenti dei dispersi non sono mai stati in grado di avere notizie sui loro cari, anche chi abitava nei pressi delle abitazioni travolte dalla poderosa colata – complice l’oscurità della notte, la tempesta di acqua e vento in corso, la paura - non sono state in grado di capire e riferire cosa fosse successo e soprattutto che fine avessero fatto le famiglie di Gianluca Monti, di Giovanna Mazzella, Salvatore Impagliazzo ed altri ancora.

«Non bastava il terremoto, adesso anche questo. Può un essere umano affrontare disgrazie così grandi e rischiare la vita? Povera Casamicciola, povero il nostro popolo» ripeteva Filomena Senese, anziana moglie di un ex sindaco di Casamicciola, Parisio Iacono, e lei stessa assessore nella ultima giunta comunale prima dell’avvento del commissario prefettizio Simonetta Calcaterra. «Certo che conosco i Monti e gli altri che abitavano nei pressi, ma veramente non so che fine hanno fatto. È accaduta la fine del mondo intorno a noi. I miei figli sono riusciti a abbandonare la nostra casa solo verso le 13 e io adesso grazie ai soccorritori. Sono passate tante ore. Mio marito invece non vuole abbandonare la nostra casa, anche se spero che lo faccia presto», ha poi aggiunto Filomena Senese prima di riprendere un attimo fiato nel casotto della protezione civile di Piazza Bagni che già all’epoca del terremoto accoglieva i primi sfollati. 

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Centocinquanta, forse anche di più. Per portare via le persone sfollate e allontanarle dal pericolo, polizia, carabinieri e Protezione civile hanno dovuto formare addirittura una catena umana e sfruttare un secolare camminamento a gradoni, assai stretto ma per fortuna ancora percorribile nonostante i secoli trascorsi. Una mulattiera che nelle ore drammatiche della interminabile attesa di ieri ha consentito almeno a una parte delle persone da sgomberare di allontanarsi finalmente a metà giornata e raggiungere così il punto di raccolta dei mezzi di soccorso alla piazza Maio. «Un grande rumore e poi una vibrazione tremenda, peggiore di quella dell’ultimo terremoto. Infatti ho pensato che si trattasse di un sisma, dell’ennesimo balletto della crosta terrestre. Era buio pesto e abbiamo impiegato almeno dieci, forse quindici minuti per comprendere quello che invece era successo» ha raccontato Pietro, uno fra i primi testimoni della infernale notte. E ancora, il rumore infernale, l’oscurità di un’alba negata dalle nubi nere e minacciose cariche di pioggia torrenziale e l’elettricità mancata improvvisamente e mai più tornata in zona.

Stesse parole per storie tutte identiche. Quelle di Maria, di Angelo, di Giuseppe, di Rosaria. Di anziani, giovani, bambini che – stando ai dati diramati ieri con il contagocce dalla Prefettura – hanno raggiunto il numero prima di 50, poi di 100, poi ancora 120 e infine 150. A piccoli gruppi, portando con sé solo l’indispensabile, i più fortunati fra gli abitanti dell’area a rischio sono stati evacuati. A tarda notte ancora molte famiglie erano invece bloccate nelle loro abitazioni. «Credo che saranno intorno ai 200», riferisce un albergatore della zona dopo un rapido consulto con altri suoi colleghi che sull’isola hanno riaperto o messo a disposizione camere per garantire accoglienza e solidarietà. Come all’indomani del terremoto. 

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