Maestosità architettonica e abbandono paesaggistico: un contrasto inaccettabile per l'antico convento dei cappuccini sul confine tra Giugliano e Aversa. È impensabile immaginare, a pochi passi da una delle strade più freneticamente trafficate alle spalle dell'Ospedale San Giuseppe Moscati, la presenza di un luogo dove il tempo pare essersi fermato. Tutto cristallizzato, eccetto i rifiuti, che illegalmente vengono sono sversati a ridosso delle mura pericolanti. Uno scenario che lascia senza parole i curiosi che si inoltrano tra le campagne dove è difficile distinguere la linea di confine tra i due comuni. È questo confine, ben tracciato solo sulle mappe, che un tempo alimentò il contrasto tra le due città che si contendevano il convento e su questo alimentavano antiche rivalità. Forse anche per questo oggi sulla linea di confine sversano in tanti, quasi a dispetto, giuglianesi da una parte, aversani dall'altra. Il tutto in un territorio che dovrebbe essere trattato come una reliquia visto che è finora in minima parte sfuggito alla devastazione edilizia selvaggia. Nel pieno della crisi dei rifiuti, inizio anni duemila, fu sventato il tentativo di farne una discarica. Nessuna forma di tutela, però, è stato mai imposto.
La storia bibliografica dei luoghi testimonia una vera e propria lotta di supremazia per il possesso di quello che allora era un vanto architettonico e che ora vede gran parte della sua struttura crollata per abbandono e saccheggi di ogni tipo di materiale e arredi pregiati.
Oggi non ci sono dubbi: il monastero della Santissima Trinità dei Cappuccini è sul territorio aversano.
Altro dato che avvalora la tesi a favore di Giugliano è riportato da Santoro: il 29 marzo 1692 il Sacro Regio Consiglio lo affidò a Giugliano, evento testimoniato dal dipinto un tempo presente alle spalle dell'altare, che raffigurava i Santi Martiri Giuliano, patrono dell'Università dal 1522, e Giuliana. Ma c'è anche chi ha ricostruito diversamente: Agostino Basile, nel suo libro del 1800 «Memorie istoriche della terra di Giugliano», riporta alla memoria una discussione tra il barone di Giugliano e la città di Aversa per attestare il dominio territoriale. Il conflitto, fu risolto dal Sacro Regio Consiglio, che determinò l'esercizio della giurisdizione di Aversa sul convento.
Al di là della disputa territoriale, curiosa sono storia e cambi d'utilizzo del convento. Nel 1545 la porzione di terreno sulla quale oggi ci sono i ruderi fu donata ai padri cappuccini, edificando un monastero accanto alla chiesa preesistente. Aumentata la devozione dei fedeli, fu costruita una chiesa più grande, dedicata alla Santissima Trinità. Nel 1813 divenne un manicomio: la struttura fu trasformata in casa succursale del Real Morotrofio, ospitando prima pazienti donne e poi uomini. Nel 1851, quando il manicomio venne chiuso, i frati cappuccini rivendicarono il possesso. Nel 1853 il vescovo di Aversa Antonio Severino De Luca cedette l'edificio ai Padri Passionisti.
Pezzi di storia che oggi affondano tra i rifiuti. Sulla facciata che resta della chiesa e sulle antiche mura ombre di ruspe e cemento.