«Mamma aiutami, voglio farla finita»: l'odissea del 14enne pestato dei bulli a Gragnano

Cinque ragazzi in comunità. Il capobranco, 13enne, non è imputabile

I carabinieri davanti alla scuola Roncalli di Gragnano
I carabinieri davanti alla scuola Roncalli di Gragnano
di Dario Sautto
Venerdì 16 Dicembre 2022, 23:01 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 17:40
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Una baby-gang ha bullizzato per anni un 14enne, tanto da spingerlo a dire alla mamma che aveva «voglia di farla finita, non voglio tornare a scuola». Nove ragazzini, quattro dei quali ancora sotto l’età imputabile, hanno vessato per anni Giovanni (nome di fantasia), un ragazzino con alcune patologie residente nella zona collinare di Gragnano.

Ancora una volta Gragnano, ancora una volta il bullismo, ancora una volta un ragazzino vittima di aggressioni. Da ieri mattina sono in una comunità per minorenni cinque ragazzini gragnanesi, accusati di atti persecutori e rapina ai danni di Giovanni. Due di loro sono già indagati per istigazione al suicidio di Alessandro, il 13enne morto lo scorso primo settembre sempre a Gragnano. E nonostante il sacrificio di Alessandro, quegli stessi ragazzini avrebbero organizzato un pestaggio pochi giorni dopo il funerale. 

È questo il quadro inquietante che emerge dalle indagini condotte dai carabinieri della stazione di Gragnano e della compagnia di Castellammare di Stabia, coordinate dalla Procura per i Minorenni di Napoli (procuratrice Maria de Luzenberger, sostituto Nicola Ciccarelli), che hanno portato ieri il gip del tribunale per i minori Angela Draetta a firmare un’ordinanza di collocamento in comunità nei confronti di un 18enne (ha compiuto la maggiore età nei giorni scorsi), un 17enne, due 16enni e un 15enne.

Proprio il 17enne ieri mattina è stato denunciato a piede libero anche per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale: al momento dell’arresto, ha provato a divincolarsi dai carabinieri ed ha ferito uno di loro. 

 

Il capobranco, hanno ricostruito gli investigatori, è addirittura 13enne e non imputabile. Ovviamente, dalle pesanti accuse gli indagati avranno modo di difendersi nelle sedi opportune, a partire dagli interrogatori di garanzia previsti nei prossimi giorni, anche se probabilmente trascorreranno il Natale in comunità. 

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Una storia di violenza – quella raccontata da Giovanni – che andava avanti da anni. Alle elementari i primi spintoni, qualche schiaffo. Poi, alle medie quelle aggressioni sono diventate poco alla volta sempre più frequenti, sempre più mirate, sempre più violente. Quasi ogni giorno, all’uscita dalla scuola media Roncalli veniva accerchiato, spintonato e picchiato. Spintoni, insulti, pugni, calci, sputi. Ad aprile Giovanni aveva subito la rapina di un coltellino multiuso. Poi, a settembre per lui è iniziata la scuola superiore, ma all’istituto Ferrari di Gragnano la storia non è cambiata. Purtroppo, alcuni di quei bulli erano in classe con lui, altri nell’aula accanto. Impossibile non incontrarli all’uscita. Un giorno qualche insulto, un altro giorno uno schiaffo. Infine il pestaggio, il 20 settembre scorso: in cinque lo avrebbero accerchiato e malmenato, tanto da ridurlo una maschera di sangue. Un amico di famiglia, però, ha assistito all’accaduto ed ha registrato un filmato col cellulare, inviato anche alla mamma di Giovanni. 

Dopo la denuncia, sono partite le indagini, minuziose, da parte dei carabinieri, che però hanno trovato non pochi ostacoli. Su tutti, l’omertà dei presenti. Una ragazzina testimone del pestaggio è stata costretta dal papà a non raccontare l’evidenza delle immagini. «Voi volete farmi passare un guaio con quelli là» ha detto. «Quelli là» altri non sono che i due fratelli già indagati per la morte di Alessandro, imparentati un imprenditore il cui nome compare in un’inchiesta dell’Antimafia, accostato ad alcuni boss di camorra. Questi arresti hanno scosso anche Nello e Katia, che ieri hanno affidato ai loro legali – gli avvocati Giulio Pepe e Mario D’Apuzzo – un loro pensiero su quanto sta emergendo: «Seguiamo con attenzione gli sviluppi dell’inchiesta e ciò ci rattrista profondamente perché non solo ravviva il nostro dolore, ma conferma anche l’esistenza di un fenomeno culturale e sociale ben radicato. Speriamo che questa indagine possa offrire un contributo, sotto il profilo investigativo, anche a quella aperta per la morte di Alessandro, in cui si innestano e si intrecciano vicende e responsabilità multiple, ma dove senz’altro il branco ha avuto un ruolo nella destabilizzazione dell’equilibrio psichico di Ale che viene poi definitivamente compromesso da un ulteriore e grave evento sul quale però è necessario il più stretto riserbo».
 

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