Assunta Barbieri è la dirigente del Liceo Buchner di Ischia, e ha la reggenza dell’istituto comprensivo Vincenzo Mennella di Lacco Ameno, la scuola che frequentavano i più piccoli dei fratelli Monti, Francesco, 11 anni, prima media; e Maria Teresa, 6 anni, al primo anno della primaria. Michele, il maggiore dei tre, era iscritto al «Mattei» e studiava amministrazione, finanza e marketing. Le aule sono tornate a riempirsi di alunni. «La scuola è aperta perché i bambini, i ragazzi hanno bisogno di rielaborare il dramma stando con i compagni, in un ambiente a loro familiare. Devono stare bene a scuola», ha detto.
I banchi vuoti sono un tuffo al cuore. Com’è andata?
«Francesco era seduto al primo banco: lo ricordo perfettamente.
Avete letto le frasi dei ragazzi?
«Sì, poi alle 9.30 in punto è suonata la campanella, per un minuto di silenzio: e tutte le porte delle aule si sono spalancate. Ho salutato e parlato con tutti, dai più piccoli in poi, uno a uno, se lo aspettavano. Si fidano della loro preside».
Sono molti gli studenti coinvolti?
«C’è una tragedia che sta altrove, è la tragedia dei parenti delle vittime, e non solo. Una cuginetta dei fratellini Monti non se l’è sentita di tornare, e con lei tutta la classe. E c’è chi ha perso la casa, chi abitava nella zona rossa, e chi è stato sfollato per effetto del piano speditivo».
Che cosa l’ha colpita di più?
«Andrea, 13 anni, frequenta la terza media. Ha detto con orgoglio che, a spalare, è andato anche lui: il fango mi arrivava quasi alla vita, ha ripetuto».
È entrata anche nell’aula di Maria Teresa?
«Ho trovato le maestre che stavano aiutando i bambini a scrivere dei pensieri, e sul suo banco c’era una bambolina, fiori. La maestra ha detto: Maria Teresa non c’è più, ma è come se ci fosse sempre; ed è la stella più brillante della notte. Anche se non la potete vedere e sentire, la vedete e sentite con il cuore. Questo li ha rasserenati».
E della bimba ricorda qualcosa?
«Anche lei stava al primo banco, quel giorno che sono andata in classe era felicissima, con i suoi occhi azzurri scintillanti, perché aveva imparato a scrivere in stampato minuscolo. È l’ultimo ricordo che ho. Non si può morire così».
Struggente. Ma ora, per i piccoli, è importante capire...
«È importante capire che questa è la realtà, anche se durissima. Gli insegnanti hanno gli strumenti giusti, hanno anche fatto un percorso di sostegno psicologico, che l’Asl ha fornito. Ma sono stati i ragazzi a fare tutto».
In che senso?
«Sono molto resilienti. Hanno vissuto il terremoto, il covid, la paura della guerra e ora la frana. Sono straordinari».
E la paura?
«Certo che c’è. Temono il temporale, in particolare chi vive in collina, questo è il trauma. Un alunno mi ha confessato che vive in montagna ed è dovuto andare via, ma il papà non ha lasciato la casa, ed è rimasto lì da solo con il cane: hanno dormito uno accanto all’altro. La paura ce l’hanno negli occhi. Dobbiamo lavorare su questo. Nelle aule della scuola per l’infanzia ho chiesto se avessero fatto l’albero di Natale e il presepe».
Il presepe aiuta a ritrovare la normalità?
«Abbiamo il dovere di dare il Natale a tutti, anche se diverso, difficile. Devono venire a scuola».
Ma come fanno? L’isola è spaccata in due.
«La strada principale è interdetta, qualche genitore ha camminato nel fango per portare il figlio a scuola da Casamicciola. E tantissimi arrivano da lì. Il 40 per cento dei docenti e del personale è pendolare. Arrivano in ritardo o non riescono proprio. Ci sono 240 studenti di Scienze umane che vanno a Lacco Ameno. Domani riapre il liceo di Ischia: bisogna fare in fretta, occorrono navette dedicate, soluzioni urgentissime. A ognuno le proprie competenze. Io non chiudo la scuola».