Poggiomarino, scrive i racconti dei nonni prima che perdano la memoria

«Così siamo riusciti a ritrovare il mio bisnonno»

Scrive i racconti dei nonni prima che perdano la memoria
Scrive i racconti dei nonni prima che perdano la memoria
di Giorgia Verna
Giovedì 15 Dicembre 2022, 17:56 - Ultimo agg. 26 Marzo, 14:02
5 Minuti di Lettura

Francesco Izzo e Orlanda Belviso sono sposati da più di sessant’anni e si vogliono bene come il primo giorno. Un amore all’antica, di quelli che si leggono nei libri: il matrimonio a 19 anni per poi invecchiare insieme a Poggiomarino.

Sono proprio i segni del tempo, però, che iniziano a minare i ricordi della loro storia, del loro passato, a solcare di rughe il volto di chi ha fatto la guerra. Il nipote, l’omonimo Francesco Izzo, se ne accorge dai loro movimenti lenti, dai modi di fare, sempre più incerti e ripetitivi. Con il desiderio di non dimenticare e di mantenere viva la loro memoria, Francesco si siede insieme ai nonni e, come i bambini, si fa raccontare non Cappuccetto Rosso o Cenerentola, ma la storia della loro vita. Prende appunti Francesco, come a scuola: cerca di cogliere ogni particolare, ogni dettaglio narrato dai suoi nonni per poi trascriverli in delle specie di diari.

«Non è un compito semplice: dopo aver ascoltato i loro aneddoti cerco delle corrispondenze storiche.

Passo molto tempo a leggere documenti, diari di guerra e testi online dove prendere informazioni per aggiungere dettagli alle loro storie». Un vero e proprio lavoro di cesellamento che viene rallentato dai litigi dei nonni: «bisticciano come i bambini. Si sovrappongono e si interrompono dicendo “la stai raccontando male” oppure “non sono andate così le cose”» afferma ridendo.

Proprio dalle loro storie, Francesco ha potuto conoscere la sorte del suo bisnonno. «Il padre di mio nonno è andato in guerra che lui aveva solo 3 o 4 anni. Nonno conserva ancora una cartolina della sua partenza. Di lui non si è mai saputo nulla. Morì in guerra senza fare ritorno ed il corpo non è mai stato rinvenuto». Grazie alla sua tenacia, e alle insistenze della cugina, Francesco è riuscito a trovare, sul sito del ministero della Difesa, una sezione che segna le morti dei caduti in guerra: «inserendo nome e cognome è stato possibile risalire al corpo e abbiamo così scoperto che si trova al cimitero monumentale di Bari. Per noi nipoti era solo un nome e una mezza fotografia: mio nonno aveva ritrovato suo padre!».

I racconti dei nonni di Francesco sono la fotografia della vita dell’epoca in Campania, della povertà e delle difficoltà che la gente doveva affrontare ogni giorno. «La mia bisnonna, dopo la morte del marito in guerra, cercò di mandare avanti la famiglia come poteva. Si diede alla borsa nera, nascondendo merce di contrabbando sotto la gonna. Poi si risposò. Mio nonno, il figlio, non accettò mai quel rapporto». Per questo motivo i due giovanissimi nonni, fecero la cosiddetta fuitina a soli 18 e 19 anni: «non si sono più lasciati».

Con usanze, gerarchie e credenze diverse, la famiglia di Francesco era vista con occhio bieco perché «abbiamo capelli rossi e lentiggini. I bambini dai capelli rossi erano figli del diavolo» e lo credeva anche il papà di nonna Orlanda. «Una delle sorelle di nonna che sapeva scrivere (anche se a stento) inviò una lettera al padre dicendogli che la moglie aveva partorito un maschietto. Lui rispose così: “dopo 7 femmine finalmente un figlio maschio, ma se è nato con una “malacapa” è meglio che Dio se lo prende e che io non lo veda mai”. L’inquietante epilogo che racconta Osvalda Belviso è che effettivamente il bambino nacque rosso di capelli e pochi giorni dopo, morì.

Meno inquietante è la storia di un’amica di famiglia che «sfruttò uno dei soldati americani per ottenere cibo e vestiti. Quando il soldato dovette ripartire, le chiese di seguirlo in America, ma la donna rifiutò. Ebbene ho trovato un diario di guerra che potrebbe certificare questa storia». Nel testo, infatti, un soldato chiede un permesso alla sua compagnia per andare a sposare una donna di Poggiomarino e afferma «Lei non parla inglese, lui non parla l’italiano: ma come fanno a capirsi? Forse il linguaggio dell’amore è veramente universale».

«È l’unico riscontro che ho trovato, ma non basta. Mi piace pensare che sia così, ma un conto è ciò che raccontano i miei nonni, un’altra è la realtà storica».

In un tempo dove le nuove tecnologie e i social portano lo sguardo verso il futuro, Francesco guarda al passato, continuando a scrivere e raccogliere le memorie dei nonni e ipotizzando un giorno di poter pubblicare i diari della sua famiglia. «Con il telefonino possiamo essere ovunque e con chiunque creando storie nuove, ma fugaci e frammentarie. Qualche volta, invece, è bello parlare con i nonni, farsi narrare storie vecchie e mai raccontate, conoscere gli avvenimenti del passato che hanno fatto la storia di oggi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA