Pozzuoli: paziente muore in ospedale, i familiari ​aggrediscono il chirurgo

Alta tensione al Santa Maria delle Grazie: l'intervento della polizia evita il peggio

L'ospedale di Pozzuoli
L'ospedale di Pozzuoli
di Ettore Mautone
Domenica 26 Febbraio 2023, 22:54 - Ultimo agg. 28 Febbraio, 07:10
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Violenza in ospedale a Napoli come in provincia: ricordate quanto accaduto al Pellegrini una settimana fa? Un infermiere fu preso a pugni da un giovane solo per avergli dovuto comunicare che il padre, giunto in ospedale con un’ambulanza in codice rosso, non ce l’aveva fatta a superare un infarto nonostante tutti gli sforzi per rianimarlo. Un episodio simile, sebbene in modi e circostanze diverse, è avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 febbraio scorsi all’ospedale di Pozzuoli. In questo caso non si è arrivati alle mani e si è riusciti a contenere la tensione entro i limiti di urla e parole grosse ma ciò anche per il tempestivo intervento della polizia allertata dalle guardie giurate.

Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto pubblicata sulla pagina Facebook “Nessuno tocchi Ippocrate”, un chirurgo dell’ospedale sarebbe stato aggredito nel momento in cui è stata data notizia del decesso ai familiari del paziente. Si tratterebbe della quinta aggressione del 2023 nella Asl Napoli 2 nord a fronte di 13 eventi violenti totali registrati tra Napoli 1 e Napoli 2 da inizio anno. La ricostruzione della direzione sanitaria dell’ospedale tende tuttavia a ridimensionare l’accaduto. «L’ospedale è un luogo di cura, di speranza, ma anche di dolore e purtroppo in alcuni casi sopravviene la morte di pazienti che non ce la fanno a superare le gravi patologie da cui sono affetti – spiega l’ufficio relazioni esterne della direzione sanitaria - in questo caso un paziente è stato sottoposto a un delicato intervento operatorio a causa di un tumore allo stomaco. Sono sorte complicanze serie e imprevedibili e purtroppo il paziente non ce l’ha fatta. C’era una famiglia, formata da molte persone accorse in ospedale, a cui dare questa triste notizia. Ci sono stati attimi di tensione ma poi tutto è rientrato nei limiti. La polizia è intervenuta - continuano i referenti dell’ospedale - ma tutti i familiari sono stati ricevuti, uno a uno, dal chirurgo di guardia che ha spiegato ai congiunti del paziente quanto era accaduto sul piano clinico. La tensione è rientrata, non c’è stata alcuna denuncia».

Un frangente, comunque, risolto anche grazie alla presenza deterrente della polizia accorsa in reparto. Circostanza che rilancia il dibattito tra chi invoca e considera irrinunciabili le divise tra le mura degli ospedali per salvaguardare l’incolumità dei sanitari e la loro attività di cura, e chi invece ritiene una sconfitta militarizzare le corsie rispetto a mali su cui intervenire in maniera diversa, risolvendo ad esempio i nodi del sistema che sconta carenze organizzative e di personale. «Poter contare su posti di polizia in ospedale - avverte Fabio Numis, primario del pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli - sarebbe molto utile, sicuramente un deterrente per ricondurre in un alveo diverso tante situazioni di tensione che si generano a causa del confine tra la vita e la morte in cui noi operatori interveniamo.

Va sottolineato che oggi le persone che arrivano in ospedale hanno meno timore di un tempo delle forze dell’ordine, gli atti di violenza restano spesso impuniti e sicuramente c’è meno rispetto per i medici e le professionalità ospedaliere di quanto non avveniva anni fa. Il rapporto tra medici e pazienti - continua Numis - va invece ricucito a beneficio nostro e dei nostri assistiti. In certi casi tuttavia temperamenti intolleranti che tendono a risolvere in violenza ogni conflitto emozionale avrebbero sicuramente più remore ad eseguire azioni scellerate e violente se ci fosse un posto di polizia in ospedale».

«L’utenza andrebbe anche formata ed educata con campagne di sensibilizzazione ad hoc – aggiunge Antonio De Falco, leader regionale del sindacato dei medici Cimo-Femed – affinché si comprenda che dover fronteggiare spesso situazioni di tensione distrae e distoglie dal lavoro di cura il personale sanitario e può influire sui livelli di attenzione, spingere addirittura a commettere errori quando si tratta di prendere decisioni e alimentare uno dei mali della sanità italiana che è la medicina difensiva, ossia il ricorso eccessivo a esami diagnostici dietro cui nascondere il timore di azioni legali per atti clinici che sarebbero più efficaci ma anche più rischiosi. In ospedale e in pronto soccorso ci si arriva per patologie spesso molto serie il cui esito talvolta è la morte. La colpa non è di nessuno». 

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