«Quando sono finalmente riuscito ad entrare nella casa dell'imputato, ho notato il cellulare di mia figlia a terra e poi, a meno di mezzo metro nel bagno, Rosa con la testa nel piatto doccia, un fazzoletto in bocca e una sciarpa intorno al collo».
Nell'aula 116 della corte di assise scende il gelo. Al banco un padre con il cuore spezzato. Per sempre. Piegato dal dolore, Vincenzo Alfieri, il papà di Rosa, la 21enne di Grumo Nevano, uccisa il primo febbraio scorso dal vicino di casa Elpidio D’Ambra, per essersi difesa con tutte le sue forze dal tentativo di stupro, ha dovuto affrontare il duro calvario della sua testimonianza, nel corso del processo in corte di assise di Napoli.
L’uomo non riesce a trattenere le lacrime. Si ferma. Scarica la tensione battendo la mano sul banco dei testimoni. Una testimonianza importante, decisiva per le sorti del processo, perché proprio questo povero papà, quel maledetto pomeriggio scoprì l’orrore della morte della figlia strozzata con una federa da cuscino e lo scempio del cadavere, seminudo.
Facendo appello a tutte le sue forze, Vincenzo accetta un fazzoletto di carta da un agente della penitenziaria, si asciuga le lacrime, per terminare la sua testimonianza. Con gli stessi toni drammatici, testimonia la mamma di Rosa, seguita da Luigi, il fidanzato della ragazza, che è apparso visibilmente provato. Racconti che hanno coinvolto emotivamente tutti i presenti in aula, fatta eccezione per Elpidio D’Ambra, una maschera di sale, uno sguardo che ha rimandato tutta la sua, apparente, indifferenza.