Rosa Alfieri uccisa dal vicino di casa a Grumo Nevano, la confessione choc in aula: «Ero in preda alla droga, così l'ho ammazzata»

«Le voci nella mia testa si sono fatte insopportabili. Mi dicevano: uccidi, uccidi altrimenti ti uccidiamo noi»

Rosa Alfieri
Rosa Alfieri
di Marco Di Caterino
Sabato 18 Febbraio 2023, 09:00 - Ultimo agg. 13:40
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«Le voci mi dicevano di uccidere. Altrimenti mi avrebbero ucciso loro». È stata questa la incredibile linea di difesa di Elpidio D'Ambra, reo confesso dell'assassinio di Rosa Alfieri, la ventiduenne di Grumo Nevano strangolata nell'abitazione dell'uomo nel pomeriggio del primo febbraio dello scorso anno.

Le dichiarazioni dell'imputato sono state rese nel corso della sesta udienza del processo in Corte d'Assise di Napoli (presidente Concetta Cristiano, giudice a latere Paola Scandone) dov'è in corso il dibattimento per il barbaro omicidio della ragazza, morta per essersi opposta a un tentativo di stupro. L'imputato, prima di rispondere alle domande, ha dichiarato di essere sotto l'effetto di psicofarmaci che gli hanno cancellato alcuni ricordi, salvo aggiungere di aver saltato la terapia per essere presente in aula. D'Ambra ha poi chiesto scusa alla famiglia della vittima. «Ma so che non mi perdoneranno mai e hanno ragione». Subito dopo ha giustificato l'omicidio imputandolo all'uso smodato di sostanze stupefacenti. «La mattina del primo febbraio ha detto ho assunto mezzo grammo di cocaina insieme al mio datore di lavoro. Nella mia testa avevo voci come quelle che si sentono allo stadio. Nel pomeriggio ho preso un altro grammo di cocaina e mezzo di crack. Le voci nella mia testa si sono fatte insopportabili. Mi dicevano: uccidi, uccidi altrimenti ti uccidiamo noi». 

 

Una linea difensiva che non ha convinto, soprattutto nella ricostruzione del delitto e nella scelta della vittima.

Secondo D'Ambra, la «povera» (così l'ha definita in aula) Rosa Alfieri era capitata per caso nelle sue vicinanze. Elpidio D'Ambra ha anche aggiunto che in quel momento, per le condizioni in cui si trovava, avrebbe ucciso chiunque. Affermazioni che l'imputato dichiarato sano di mente dal perito nominato dal suo avvocato difensore avrebbe rilasciato per smontare il movente, che resta quello dell'aggressione a sfondo sessuale. L'uomo, nel corso della testimonianza, ha anche mimato il gesto con cui afferrò alle spalle la vittima trascinandola nella sua abitazione, nello stesso cortile dove abitava Rosa.

Incalzato dalle domande del pm della Procura di Napoli Nord Rossana Esposito, D'Ambra a un certo punto ha sbottato in dialetto: «Ma questa che vuole, non mi lascia mai parlare», espressione che ha sollevato le proteste dell'avvocato di parte civile Carmine Busiello e il richiamo del presidente della Corte. L'imputato ha anche accusato gli investigatori di aver alterato, insieme ai familiari della ragazza, la scena del crimine. Sulle fasi finali del delitto, ha detto di non ricordare nulla se non rendersi conto, una volta rientrato in sé, che stringeva le mani intorno al collo della vittima. 

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Il pm e soprattutto il legale di parte civile, Carmine Biasiello, hanno invece sostenuto che D'Ambra, con la scusa di controllare il contratto di affitto, fece di tutto per fermare Rosa e trascinarla nel suo appartamento per stuprarla. L'uomo ha respinto anche la prova evidente che in quei drammatici minuti Rosa si era difesa strenuamente graffiandolo al torace, al collo e agli avambracci.

La prossima udienza è stata fissata per il 9 marzo, con la chiusura dell'istruttoria e la requisitoria del pubblico ministero. Le parte civili (rappresentate dall'avvocato della famiglia Alfieri Carmine Busiello e dall'avvocato della Fondazione Polis Gianmarco Siani) discuteranno il 4 aprile mentre il legale dell'imputato, l'avvocato Mattia Cuomo, interverrà il 12 aprile. 

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